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La minaccia di Salvini a Giorgia: se vota Ursula è la sua fine

Pubblicato: 09/07/2024 07:26

Il gruppo dei “Patrioti” in odore di putinismo sbarca a Bruxelles, scippando il terzo posto ai Conservatori di Meloni nella classifica dei partiti UE più numerosi. E Matteo Salvini gongola a Roma, in una sala della Camera, insieme ai colonnelli del Carroccio. Ministri e sottosegretari, riuniti per la prima volta dai tempi del governo Draghi, per dare l’idea di una gestione più collegiale del partito. Il “Capitano” li ringalluzzisce così: «Per noi von der Leyen è insostenibile. Capisco che Giorgia ragioni da capo di governo, ma se alla fine la vota, vedrete, potrebbe essere la sua fine». Nella nota ufficiale, non cita mai la socia di governo, ma mette a verbale: «Dobbiamo contrastare ogni inciucio coi socialisti, filoislamici e filocinesi». Quanto all’operazione dei Patrioti, coi fedelissimi il vicepremier ammette che l’operazione sorpasso su Ecr era in cantiere da tempo. E che lo sapeva bene. «Ci stavamo lavorando da un po’». Anche se formalmente la Lega, col Rassemblement National di Le Pen, si è aggregata solo ieri.

Salvini raduna i leghisti quasi in contemporanea con la conferenza stampa brussellese che annuncia il varo del gruppone sovranista, lanciato da Viktor Orbàn. È uno smacco per Meloni, anche se FdI fa buon viso a cattivo gioco: «Non cambia nulla». Ma da ieri Ecr non è più il terzo gruppo all’Eurocamera. «Ora siamo noi», sorride a favore di flash l’ungherese Kinga Gàl. I Conservatori sono 78, i Patrioti 84. In 30 sono lepenisti, 11 sono gli orbaniani di Fidesz, 8 arrivano dalla Lega. Poi 7 da Ano (Repubblica Ceca), 6 dal Pvv olandese, 6 austriaci del Fpo, 3 belgi di Vlaams Belang, 2 portoghesi di Chega. E al tavolo si siedono pure 2 cechi del “movimento degli automobilisti”, un greco della Voce della Ragione, un eletto di Lettonia first e uno del Partito popolare danese. Soprattutto ci sono 6 spagnoli di Vox, che erano gemellati con Meloni in Ecr. La ferita per lo strappo con FdI è ancora fresca. Tanto che il leader dei neofranchisti, Santiago Abascal, da Madrid invita la premier italiana a unirsi alle truppe tendenza Orban: «Nel futuro forse potremmo essere nello stesso gruppo». «Meloni? Il nostro cameratismo resta forte», sostiene l’eurodeputato di Vox Jorge Buxadè, che solo due mesi fa era a Subiaco a brindare con Lollobrigida. Anche il luogotenente del Rassemblement, Jean-Paul Garraud, apre a Meloni: «I ponti non sono tagliati». E insiste nel corteggiamento ai polacchi del Pis, ancora accasati nei Conservatori: «Aderiranno? L’impressione è quella». È un modo per tenere un canale con Meloni, certo. Ma il sottotesto è chiaro: se la premier si sognava federatrice delle destre continentali, adesso al più è invitata come gregaria.

La minaccia di Salvini non è solo una pressione politica ma un avvertimento che potrebbe scatenare un terremoto all’interno della coalizione. Se Meloni decidesse di votare per von der Leyen, rischierebbe di alienarsi una parte significativa della sua base elettorale e di trovarsi isolata politicamente. La strategia di Salvini è un tentativo di riaffermare la sua influenza, sfruttando il momento di debolezza del suo alleato-competitor. La tensione tra i due leader è palpabile, con Salvini che mira a mantenere la leadership della destra italiana in un contesto di crescenti rivalità interne.

Salvini è sicuro di avere azzeccato la mossa. Anche se rispetto a 5 anni fa, quando portava in dote 28 deputati, ora gioca un po’ da gregario pure lui. Presidente dell’eurogruppo è Jordan Bardella, contentino per il lepenista che si pensava premier di Francia. La vice vicaria è l’orbaniana Gàl. Il Carroccio rimedia solo una delle 5 vicepresidenze di seconda fascia, con Roberto Vannacci, che ci teneva.

I Patrioti poi assomigliano a un fritto misto di sovranismi. Con idee diverse sulla guerra. Orbàn è contrario agli aiuti a Kiev. Mentre in conferenza stampa gli olandesi del Pvv hanno sottolineato il loro sostegno, «anche se si deve lavorare per la pace». L’unica certezza è che le porte rimarranno chiuse per i neonazisti tedeschi di Afd. Il filoputinismo della pattuglia sovranista irrita comunque gli altri spezzoni della destra europea. Il premier ceco Petr Fiala, collega di Meloni in Ecr, lo dice dritto: «I Patrioti servono gli interessi della Russia. Sono una minaccia». Da Roma, Antonio Tajani, davanti a un Consiglio di FI che si spella le mani, rincara: «Il gruppo dei patrioti sarà ininfluente, io sono un patriota europeo. Siamo lontani da le Pen».

Patrioti ed Ecr già duellano per le vicepresidenze dell’Europarlamento. Gli orbaniani, che quasi sicuramente saranno esclusi, ne reclamano almeno una, proprio perché sono diventati terza forza. I meloniani ne vorrebbero due, «perché bisogna considerare i numeri alla formazione dei gruppi, il 4 luglio». Prima del sorpasso.

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Ultimo Aggiornamento: 09/07/2024 15:51

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