
Operazione antimafia a Roma la scorsa notte. La Procura della Capitale e la Dia (Direzione investigativa antimafia) hanno eseguito 18 misure cautelari e messo sotto indagine 57 persone con l’accusa di associazione per delinquere con aggravante mafiosa. Tra le altre accuse ci sono quelle di estorsione, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti. Tra gli arrestati anche alcuni esponenti dell’estrema destra romana.
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Cosa è emerso dalle indagini sui clan
Dalle indagini è emerso che, a Roma e nel Lazio, le mafie cosiddette “tradizionali” si accordavano con la malavita locale. E la Capitale era naturalmente il centro di questi loschi traffici. Ci sarebbe insomma una sorta di rete che coordina vari gruppi criminali in tutta Italia. Indagini il cui obiettivo principale inizialmente era la famiglia mafiosa dei Gangemi, ma che poi si sono estese ai fratelli Nicoletti e a Pasquale Lombardi.

Presenti nella Capitale anche clan camorristici come i D’Amico/Mazzarella, che riciclavano proventi illeciti attraverso attività imprenditoriali. Ma a Roma operano anche i Casalesi e le cosche di ‘ndrangheta Morabito, Mancuso e Piromalli. Quella di Enrico Nicoletti è considerata la figura chiave per unire tutti questi interessi criminali, insieme a quella di Roberto Macori, cresciuto nella destra eversiva romana e legato ai clan calabresi Morabito e Mancuso.
Insomma, dopo più di 30 anni di presenza sul territorio laziale e romano, i clan della camorra napoletana e casalese, quelli di ‘ndrangheta e di cosa nostra siciliana, hanno messo in piedi una complessa ed organizzatissima struttura, integrandosi anche con gruppi delle criminalità locale.