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Nino Di Matteo: “Aeroporto intitolato a Berlusconi? Non scordiamo che pagò la mafia”

Pubblicato: 12/07/2024 15:37

“L’aeroporto intitolato a Berlusconi? Voglio ricordare che nella sentenza che ha portato alla condanna di Marcello Dell’Utri, definitiva, per concorso esterno in associazione mafiosa è stato accertato che la società dell’allora imprenditore Silvio Berlusconi versò ingenti somme alla mafia siciliana in virtù di specifici accordi. Mafia che in quegli anni utilizzò i capitali a disposizione per organizzare la stragi che tutti ancora oggi ricordiamo. E che Dell’Utri fu tra i principali protagonisti della fondazione del partito di Forza Italia. Ecco, vorrei che gli italiani avessero presente anche questi elementi, che non li dimenticassero quando si parla di intitolare un aeroporto nel nome di qualcuno”.

Così il magistrato Nino Di Matteo, ieri in piazza del Gesù a Viterbo per la presentazione del libro intervista “Il colpo di spugna” (edizioni Fuori Scena), scritto con il giornalista Saverio Lodato. Il pamphlet sulla decisione della Cassazione che ha, di fatto, affossato (“Con una sentenza che entrato nel merito invece di restare in quello di legittimità”; ha osservato) la lunga vicenda processuale per la trattativa Stato-mafia. La presentazione del libro al festival Ombre è stata anche l’occasione per analizzare e commentare l’attualità italiana. A partire dalla così detta riforma della giustizia a firma del ministro Carlo Nordio, che come da questi sottolineato ha avuto un padre ispiratore nell’ex presidente del Consiglio, morto lo scorso anno.

Di Matteo: “Norma è parte di un progetto politico più ampio”

“Questa riforma – ha osservato il procuratore in forza alla Dia – arriva a compimento oggi, ma affonda le sue radici negli anni in cui gli attacchi alla magistratura erano all’ordine del giorno. Io ritengo che questa norma sia solo parte di un progetto politico più ampio, destinato a creare uno scudo di protezione per i potenti, allargando le impunità per i corrotti e i colletti bianchi. Così avremo una giustizia a due velocità: severa per la criminalità comune, timida e inoffensiva nei confronti del potere”. Inevitabile allargare il ragionamento anche al capitolo intercettazioni, che la riforma del governo Meloni ha prospettato come uno degli strumenti più distorsivi e penetranti per la sfera privata dei cittadini italiani.

“Niente di tutto questo. Le intercettazioni – rileva Di Matteo – riguardano una percentuale infinitesimale della popolazione e questa affermazione fa credere che nel nostro Paese s’intercetta di più rispetto ad altri. Va ricordato però che in paesi, come quello inglese o statunitense, si può intercettare chiunque, senza limiti di tempo e senza autorizzazione. Mentre da noi l’ascolto deve avere il via libera da un giudice terzo. Ma non c’è solo questo aspetto. Lo stesso ministero diretto da Nordio, l’ho letto in questi giorni, ha comunicato che i costi delle intercettazioni non sono aumentati, anzi: negli ultimi anni le spese per gli ascolti sono diminuite da 300 a 239 milioni“.

E non solo; per il magistrato il capitolo dei costi vanno valutati in un orizzonte più largo. “Quando ero alla Procura di Palermo – ha detto Di Matteo – ho seguito un’indagine che riguardava Michele Aiello, imprenditore delle cliniche siciliane. Ebbene, ad Aiello venne confiscato un patrimonio da circa 800 milioni di euro, cioè il costo di più di tre anni di intercettazioni”.

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Ultimo Aggiornamento: 12/07/2024 15:41

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