Vai al contenuto

Omicidio Yara, parla la moglie di Bossetti: “Ecco come ho scoperto che mio marito era stato arrestato”

Pubblicato: 17/07/2024 18:23

Marita Comi, moglie di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, ha raccontato nella docuserie “Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio” disponibile su Netflix dal 16 luglio, il drammatico momento dell’arresto del marito. “Mio figlio era seduto sul divano ed è uscita la notizia che avevano preso l’assassino di Yara. Io guardandolo ho pensato: Meno male, lo hanno preso, finalmente!. In quel momento è entrata mia figlia dal terrazzo, urlando che entravano i carabinieri. Io mi ricordo solo che ero seduta in cucina che piangevo e da lì mi hanno preso e mi hanno detto che mio marito era l’assassino di Yara“. L’arresto è avvenuto il 16 giugno 2014, circa quattro anni dopo la scomparsa della 13enne di Brembate di Sopra.
Leggi anche: Omicidio Yara Gambirasio, l’avvocato di Bossetti sui reperti: “Visionati 3 scatoloni, erano ben conservati”

“A noi sembrava un po’ tutto assurdo, sembrava un film – ha ricordato la moglie del muratore di Mapello -. I bambini avevano paura a uscire, non volevano essere ripresi, farsi vedere. Avevo i giornalisti assediati fuori casa. C’è stato un episodio, quando eravamo a casa di mio fratello. I bambini erano fuori in giardino che giocavano. I giornalisti si sono avvicinati e gli hanno chiesto dov’ero, loro si sono un po’ spaventati”. La famiglia viveva sotto pressione, con i giornalisti assedianti fuori casa e i bambini spaventati dall’attenzione mediatica. Ha rivelato un episodio in cui i giornalisti si avvicinarono ai suoi figli mentre giocavano.

Yara Gambirasio, due indagati per depistaggio e frode processuale nel processo a Bossetti: usati reperti forse deteriorati

Difficili all’inizio i momenti i cui anche lei ha dovuto rispondere alle domande degli inquirenti: “Venivo da un interrogatorio in cui non ho parlato, mi sono avvalsa della facoltà di non rispondere. Mi hanno tenuto per un’ora in sala con loro, mi hanno fatto vedere il furgone che passava tredici volte e tutti gli orari. Sono stata un po’ scioccata anche io – ha continuato Comi -. È vero che io l’ho pressato (riferendosi al marito) nei seguenti colloqui, mi hanno definita peggio della pm. Mi sembra anche naturale, non potevo far finta di niente, andare al colloquio e non chiederglielo. Ho insistito, gli ho chiesto in tutti i modi di dire la verità, di dirmelo”. Con questa parola ha raccontato il difficile momento in cui le vennero mostrati i filmati del furgone del marito che passava tredici volte in quel luogo.

Il legale di Bossetti: un'altra pista sul caso Yara

Infine, il processo a Massimo Bossetti. “Ho cercato di esserci a tutte le udienze – ha detto Comi -. Mi nascondevo sotto la macchina, accucciata per non farmi vedere, perché c’erano i giornalisti attaccati. Anche con i figli ho cercato di non passare davanti alle edicole per non vedere le copertine, ogni settimana ce n’era una. Ciò che mi è dispiaciuto di più è il fatto che siano state fatte uscire sempre notizie intime, private, mie e di mio Marito, sulle copertine dei giornali, in televisione. Queste cose ci hanno fatto veramente male. La tua vita, la tua privacy non esisteva più. Ci hanno fermato la sera prima dell’arresto, hanno finto un posto di blocco all’ingresso del nostro paesino. Il giorno della sentenza abbiamo aspettato fino a sera. Quando hanno letto il verdetto, siamo rimasti sconvolti, io mi aspettavo un’assoluzione. Lui era disperato, piangeva, diceva che si voleva ammazzare, che non ce la faceva più. Abbiamo cercato tutti di confortarlo e di stargli vicino, ma sono stati momenti difficili e dolorosi. Io sono ferma ancora a quel giugno 2014, la nostra vita si è fermata“.

Continua a leggere su TheSocialPost.it