Qualcuno ha detto, scherzando, che nemmeno il Pd sarebbe riuscito a essere così autolesionista come i Dem americani. Che di fatto hanno sfiduciato il proprio Presidente in carica, dichiarandolo non idoneo a guidare il Paese dopo la vittoria alle primarie. In un momento in cui il mondo è sull’orlo di un conflitto, è una situazione clamorosa: la più grande superpotenza mondiale, guida riconosciuta dell‘Alleanza Atlantica, ha come massimo rappresentante un uomo che va sostituito dopo aver vinto le primarie perché, secondo i suoi stessi compagni di partito, non ci sta più tanto con la testa. E non è ancora sicuro chi correrà al suo posto. Ma forse il punto non è più il nome del nuovo candidato democratico, da decidere a poco più di tre mesi dalle elezioni, ma il fatto che tutto il partito ne esce malissimo. Tanto che da parte repubblicana si pensa di far partire azioni legali. Lo speaker della Camera Mike Johnson, che appartiene al partito di Trump, lo ha spiegato chiaramente: “Ogni Stato ha il suo sistema elettorale e in molti non è possibile cambiare il candidato“. Insomma, Biden ha vinto le primarie e sostituirlo in corsa sarebbe una violazione della legge.
Ciò che sta accadendo in questi giorni è assolutamente inedito. La corsa alle presidenziali potrebbe finire in tribunale, e i Repubblicani fanno anche notare che a questo punto Biden dovrebbe dimettersi. Una questione di buon senso: “Se non può candidarsi, non può nemmeno governare il Paese“, dicono. Nel frattempo, prende sempre più quota la candidatura di Kamala Harris, attuale Vice presidente. La storia della Harris è abbastanza curiosa: in passato, infatti, quando ricopriva il ruolo di Procuratore Generale della California è stata criticata – pur essendo lei stessa afroamericana – per la sua politica di dura repressione dei reati: che, secondo i suoi oppositori, avrebbe danneggiato le minoranze. A parte questo, la Harris è sempre stata vista come una candidata molto divisiva. Spesso criticata dalla stampa, non solo quella vicina ai Repubblicani, a causa degli errori commessi sulle questioni legate all’immigrazione e per alcuni svarioni diplomatici. Anche le sue battaglie femministe, portate a volte all’eccesso, non hanno convinto tutti. Biden, con una mossa senza precedenti, le ha offerto il suo appoggio. E questo a Trump non può dispiacere, perché sa che difficilmente un candidato divisivo può vincere le elezioni presidenziali.
“The Donald”, d’altronde, in passato non ha mai lesinato giudizi su quella che a sorpresa potrebbe diventare la sua avversaria nella corsa alla Casa Bianca. Più che la Harris, il tycoon potrebbe temere la polarizzazione del Paese, che rende difficile il passaggio da un fronte politico all’altro e può spingere più persone a recarsi alle urne. Ma quello che pensa della sua probabile avversaria, e che sta esternando in queste ore, lo diceva anche in passato. Secondo Trump la candidata in pectore dei Dem sarebbe “Kamala la gioviale” perché ride sempre e in modo un po’ sguaiato. E sarebbe “un’estremista di sinistra“, che negli Usa non è un gran biglietto da visita. Nel 2020 l’attuale candidato Repubblicano aveva definito la Harris “un mostro” e “una donna collerica” E anche JD Vance, vice di Trump, ci sta andando giù pesante: “Kamala ha mentito per quasi quattro anni sulla capacità mentale di Biden”, ha dichiarato il candidato alla Vicepresidenza in caso di successo di Trump. “E ha accollato alla nazione un Presidente che non può svolgere il suo compito”. Le rilevazioni degli istituti, che risalgono a Giugno e ai primi di Luglio, darebbero la Harris in svantaggio di almeno 2 punti su Trump e indietro anche negli Stati chiave. In questa situazione confusa e inedita, si aspettano i primi sondaggi ufficiali per avere un’idea più chiara di quello che aspetta l’America da qui al 5 Novembre. Ma si sa già che saranno tre mesi di fuoco.