Alla fine la pressione è stata troppa. Il soldato Ryan Biden non è stato salvato, o forse si, perché in caso di sconfitta molti avrebbero preteso la sua testa, e quella di qualche familiare. Non ha retto l’innalzamento del fuoco che si è acceso dopo il primo dibattito pubblico, l’attentato a Trump e l’avversione di una donna molto potente nel partito come la ex speaker del Congresso Nancy Pelosi. Ora la sfida con il biondo, maschilista, wasp, Trump potrà essere combattuta da un suo opposto e contrario, magari donna, magari di colore, magari con politiche totalmente differenti. Sicuramente la partita oggi cambia, intanto il vecchio, anagraficamente e non solo, diventa Trump 78 anni che nessun colore di capelli può edulcorare, se Biden a 81anni era quasi pateticamente arteriosclerotico, il candidato repubblicano lo è quasi neurologicamente. Quello che risulta chiaro è la netta, divisiva, molto faziosa battaglia elettorale che si combatterà a novembre, chiunque sia il candidato democratico, sia se sia la Harris che chiunque altro.
Trump durante l’attentato aveva lanciato il monito alle sue truppe: Fight. E finalmente risultò evidente a tutti che il combattimento non poteva essere sostenuto, con la giusta tempra e cattiveria, da Joe Biden. Kamala Harris ha la giusta grinta per il fighting da lotta nel fango, che è quello che teme il clan Obama? La vice presidente degli Stati Uniti è stata procuratore distrettuale di San Francisco e procuratore generale della California, e dovrà usare queste sue esperienze per mettere sul banco degli imputati uno dei maggiori ribelli americani, travestito da patriota. Ci riuscirà, e soprattutto sfaterà il fato di altri vicepresidenti, entrambi democratici, che non ce l’hanno fatta come Walter Mondale o Al Gore?
O forse ci vuole qualcuno talmente forte, nella raccolta fondi, e nel potere dei media, per stroncare sul nascere le ambizioni dell’ex presidente Donald Trump? Lo scopriremo presto.