Il sopralluogo effettuato dai carabinieri nell’appartamento di Sharon Verzeni a Terno d’Isola è durato solo pochi minuti, circa un quarto d’ora. Un tempo breve, ma sufficiente per portare via un oggetto ben preciso. “Sapevano cosa cercare, non hanno preso i computer”, ha dichiarato il compagno della vittima, che non risulta indagato. L’uomo condivideva con Sharon l’abitazione in via Merelli, lo stesso paese in provincia di Bergamo dove la giovane barista di 33 anni è stata brutalmente uccisa nella notte del 30 luglio. Nel frattempo Sergio Ruocco è stato nuovamente sentito in caserma, a quanto pare ascoltato in quanto “persona informata sui fatti”.
Un’esistenza tranquilla interrotta da un crimine efferato
Gli investigatori sono al lavoro da oltre tre settimane per ricostruire la vita della vittima, apparentemente normale, divisa tra casa, famiglia e lavoro. Sharon Verzeni trascorreva le sue giornate dedicandosi ai preparativi per il matrimonio con il fidanzato Sergio Ruocco, con cui aveva una relazione da 13 anni, e lavorando presso il bar pasticceria Vanilla di Brembate. La sua cerchia di amicizie era ristretta, composta principalmente da familiari e pochi amici.
L’ipotesi di un incontro notturno
In un contesto così ordinario, l’attenzione degli inquirenti si è concentrata su coloro che Sharon avrebbe potuto incontrare al di fuori della famiglia, come i clienti del bar o i membri di Scientology, movimento a cui si era avvicinata di recente. Secondo i familiari e il compagno, Sharon usciva di casa la sera per camminare e perdere peso in vista delle nozze, ma non era solita uscire così tardi, né tanto meno da sola e senza avvisare il fidanzato, che quella notte dormiva già da un paio d’ore.
Il cellulare della vittima potrebbe fornire elementi cruciali per chiarire se quella notte Sharon avesse un appuntamento. Inoltre, le telecamere di sorveglianza di via Castegnate, la strada dove è avvenuto l’omicidio, hanno ripreso una ventina di persone ancora da identificare. Il luogo preciso in cui Sharon è stata accoltellata è uno dei pochi non coperti dalle telecamere: una coincidenza che solleva interrogativi sull’eventuale premeditazione dell’assassino.
Un delitto che conosceva il suo carnefice?
L’ipotesi che Sharon Verzeni conoscesse il suo assassino prende sempre più corpo. Le sue ultime parole ai soccorritori del 112, “Mi ha accoltellata”, indicano un’aggressione da parte di una persona specifica e non di un estraneo. L’attacco è stato fulmineo e silenzioso, tanto che Sharon non ha avuto il tempo di gridare o chiedere aiuto. La precisione dell’azione, quasi un’esecuzione, rafforza l’idea di un delitto premeditato.
Le ricerche del coltello, presumibilmente una grande lama da cucina, continuano nei dintorni di via Castegnate, dove i carabinieri stanno setacciando l’area con metal detector nella speranza di trovare l’arma del delitto.
Mentre le indagini proseguono, il quadro che emerge è quello di un omicidio in cui l’assassino potrebbe aver avuto una conoscenza diretta della vittima e dei suoi movimenti. I dettagli emersi finora indicano una pianificazione accurata, ma molto resta ancora da chiarire per dare un nome e un volto al killer che ha posto fine alla vita di Sharon Verzeni.