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“Sinner è pulito”. Sandro Donati, ex allenatore di atletica da sempre impegnato contro il doping: “E’ un affare di soldi e potere”

Pubblicato: 24/08/2024 12:59

Sandro Donati, ex allenatore della squadra italiana di atletica e fra i più convinti avversari di ogni forma di doping, ha deciso di scendere in campo per difendere Jannik Sinner. In un’intervista rilasciata a Silvia Senette sul Corriere del Trentino, Donati ha parlato delle accuse mosse a Jannik in seguito alla positività, per una quantità infinitesimale, al Clostebol riscontrata durante il torneo di Indian Wells. L’ex allenatore azzurro è molto noto non solo per la sua storica lotta al doping, che gli causò molti guai perché proprio per questo fu pesantemente ostracizzato, ma anche per avere allenato il marciatore Alex Schwazer dopo la squalifica comminata all’atleta per avere assunto sostanze proibite. Schwazer venne nuovamente squalificato, al termine di un procedimento che generò infinite discussioni e sospetti, per una nuova positività riscontrata prima del ritorno alle gare. Una vicenda che in molti hanno considerato “costruita ad arte” per eliminare un personaggio scomodo – sul caso c’è anche un interessante documentario trasmesso da Netflix che sostiene più o meno apertamente questa tesi.

Chi dunque più di Donati può essere indicato per esprimere un’opinione ponderata sul caso Sinner? E l’ex allenatore della nazionale di altletica non si tira indietro. Anzi, è categorico. “Sinner è pulito e non c’entra con il doping“, mette subito in chiaro Donati. “La quantità di Clostebol rilevata dalle analisi era irrisoria e insignificante, incapace di alterare le prestazioni: non potrebbe mai dopare nessuno. Non si può collegare in alcun modo Sinner al doping”. Quello di Donati è un duro atto d’accusa a un sistema, quello dei controlli antidoping, che definisce “inefficace quando serve davvero, ma stranamente funzionante in casi irrilevanti”. Per l’ex allenatore, “il Clostebol è in realtà una sostanza innocua che si può trasmettere anche con una stretta di mano, non si capisce perché sia inserita fra quelle dopanti”. Questa sarebbe una prima stortura del sistema. La seconda sarebbe invece legata alla disparità di trattamento fra gli sportivi. “Mi chiedo quanti atleti di altri sport o ad altri livelli”, spiega, “senza le risorse economiche di Sinner, siano stati squalificati per concentrazioni simili. Chi non ha risorse economiche è destinato a incassare le squalifiche in silenzio perché avvocati, chimici e periti coinvolti in un ricorso hanno costi altissimi“.

Un ricorso al TAS può arrivare a costare più di 50.000 Euro. Certo, questa disparità è responsabilità di un sistema sbagliato, e non se ne può fare una colpa a Sinner, che si è solo difeso. “Era evidente fin da subito che le ragioni di Sinner erano convincenti“, ribadisce Donati. “Il problema è che solo in Italia sono stati rilevati 28 casi simili“, senza che a essi fosse riservata la stessa attenzione che ha riguardato il caso di Sinner. Questo per l’ex allenatore è un esempio evidente di un sistema che “preferisce colpire i più deboli e vulnerabili“. Donati, in chiusura, non ha lesinato le critiche ai collaboratori del tennista altoatesino. “E’ inammissibile l’errore del preparatore atletico e del fisioterapista”, ha spiegato. “Trovo normale che debbano lasciare o che debbano essere sollevati dall’incarico“. Per concludere, Donati ha ribadito che “il sistema antidoping è un sistema di potere, che spesso serve più a mostare che funziona che non a fare vera giustizia”.

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