Circa un anno fa, Nicoleta Rotaru, 37 anni, è stata trovata morta nel bagno di casa sua a Padova. Solo dopo oltre 365 giorni, la morte di Nicoleta è stata riconosciuta come un femminicidio. La donna, madre di due bambine piccole, viveva con il marito Erik Zorzi, che è stato arrestato per il suo omicidio.
La dinamica del delitto
Il 2 agosto 2023, all’alba, Erik Zorzi, un camionista di 42 anni, ha chiamato il 118 di Padova dichiarando di essere preoccupato perché la moglie era chiusa nel bagno da due ore e non rispondeva. Al telefono, Zorzi non ha menzionato che Nicoleta era in realtà la sua ex moglie, da cui aveva divorziato di recente, ma ha semplicemente detto: “Non risponde, si è chiusa dentro. Ho paura che sia morta”.
Arrivati sul posto, i sanitari hanno trovato Nicoleta morta nella doccia del bagno, con una cintura di pelle stretta attorno al collo. Nonostante non ci fossero segni di effrazione in casa o altri segni di violenza sul corpo della donna, la situazione appariva sospetta.
La registrazione
Le ultime parole di Nicoleta, disperate e cariche di paura, sono state registrate nel suo cellulare: un dettaglio che si è rivelato cruciale per l’incriminazione di Zorzi. “Erik ti prego smettila!” ha gridato Nicoleta, cercando di fermare l’ira dell’uomo che, seduto a cavalcioni su di lei, le ha tolto la vita strangolandola con una cinta.
La registrazione, che dura 9 minuti e 46 secondi, cattura il momento esatto della morte di Nicoleta, soffocata dal suo carnefice. Nonostante le suppliche di lei, Zorzi prosegue nel suo atto omicida, pronunciando frasi deliranti: “Io ti amavo… volevo solo amarti… vattene, Nico, vattene…”.
Indagini e scoperta
Inizialmente, gli investigatori hanno ipotizzato un suicidio, ma alcune anomalie hanno attirato la loro attenzione. La porta del bagno, che sembrava chiusa dall’interno, è stata facilmente sfondata dai soccorritori, come se fosse stata semplicemente chiusa con un chiavistello. Uno degli infermieri ha riferito che il pannello della porta era stato forzato con estrema facilità, suggerendo che fosse stato rimesso in posizione di recente.
Questi dettagli hanno portato gli investigatori a sospettare di Zorzi, noto per la sua abilità nel bricolage. I militari credono che l’uomo abbia smontato il pannello di legno della porta per simulare una chiusura dall’interno, in modo da far sembrare che Nicoleta si fosse suicidata.
Un passato di violenze e minacce
Gli inquirenti hanno scoperto che i carabinieri erano già intervenuti più volte per liti violente tra Zorzi e Nicoleta. Nonostante il divorzio recente e una nuova relazione per Nicoleta, i due continuavano a vivere sotto lo stesso tetto perché Nicoleta stava aspettando la conferma di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Testimonianze dei vicini hanno rivelato che Nicoleta era felice e stava programmando di trasferirsi in un nuovo appartamento con le figlie. La donna aveva già pianificato le vacanze con le bambine e non aveva manifestato segni di voler porre fine alla sua vita. Molti hanno parlato della gelosia di Zorzi, che aveva minacciato Nicoleta di morte se avesse lasciato la casa portando via le figlie.
La prova decisiva: il telefono di Nicoleta
A incastrare Zorzi è stato il cellulare di Nicoleta. La donna, tornando a casa dopo una serata con il fidanzato, aveva lasciato il registratore del cellulare acceso sul comodino, sospettando qualcosa. La registrazione ha catturato l’intero svolgimento dell’omicidio, dai litigi e dalle minacce