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De Luca contro la legge Calderoli, ricorso per incostituzionalità: “È secessione”

Pubblicato: 26/08/2024 19:18

La Regione Campania, guidata da Vincenzo De Luca, ha presentato ufficialmente un ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Il ricorso, notificato questo pomeriggio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato elaborato dal professore Francesco Marone, Ordinario di Diritto costituzionale e di giustizia costituzionale presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, in collaborazione con l’Avvocatura regionale.

Quindici motivi di illegittimità costituzionale

La Regione Campania, nel suo ricorso di 90 pagine, sostiene che la legge Calderoli presenti numerosi profili di incostituzionalità, articolati in quindici motivi. Tra questi, si denuncia che la legge consenta una devoluzione di competenze alle regioni in modo eccessivamente ampio e incontrollato, coinvolgendo materie riguardanti diritti fondamentali e servizi essenziali come sanità, scuola pubblica, previdenza integrativa e protezione civile. Questa devoluzione, secondo la Regione, minerebbe la sovranità dello Stato e romperebbe l’unità nazionale, compromettendo l’eguaglianza dei cittadini nelle diverse aree del Paese.

Minaccia all’unità nazionale

Il ricorso cita il vice presidente emerito della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena, il quale ha affermato che la legge rappresenta “un enorme pericolo per l’unità giuridica ed economica dell’Italia”. Inoltre, la Regione Campania critica il fatto che la legge Calderoli svilisca il ruolo del Parlamento, considerato l’unico garante dell’unità nazionale e dell’interesse generale, a favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, che acquisisce un potere esclusivo nel limitare l’oggetto delle intese.

Critiche ai Livelli Essenziali di Prestazione (Lep)

Un altro punto centrale del ricorso riguarda la presunta violazione delle norme costituzionali che subordinano l’autonomia differenziata all’attuazione delle misure perequative per il superamento dei divari territoriali e al concreto finanziamento e attuazione dei Livelli Essenziali di Prestazione (Lep). Secondo la Regione Campania, la legge Calderoli contiene solo dichiarazioni di principio sulla determinazione dei Lep, confermando un’invarianza finanziaria che non garantisce una reale copertura economica.

Accusa di secessione mascherata

La Regione Campania contesta anche le modalità attuative previste dall’articolo 116, comma 3, della Costituzione, adottate dalla legge Calderoli, che tradirebbero lo spirito costituzionale. Invece di consentire un decentramento di funzioni per migliorare l’efficienza amministrativa, la legge creerebbe un sistema iniquo, finalizzato a una sorta di “secessione”, considerata un’azione illecita e al di fuori dell’ordinamento costituzionale. Questo punto è stato sottolineato dalla professoressa Giovanna De Minico, ordinaria di diritto costituzionale presso l’Università Federico II di Napoli, durante un’audizione parlamentare.

Violazione del principio di legalità e del ruolo delle Conferenze

Il ricorso evidenzia anche una “gravissima violazione del principio di legalità”, poiché la determinazione dei Lep è affidata al Governo senza predeterminare alcun principio o criterio direttivo, contravvenendo così alla Costituzione. Inoltre, si critica il fatto che l’intesa venga affidata a una trattativa diretta con il Governo, mortificando il ruolo delle Conferenze Stato-Regioni e violando il principio di leale collaborazione, impedendo di valutare gli impatti delle singole intese sull’insieme delle Regioni e sull’intera rete delle autonomie locali.

Considerazioni finali del professore Marone

Il professore Francesco Marone, commentando a “Repubblica”, ha ribadito che la Regione Campania ha impugnato l’intera legge Calderoli poiché consente una devoluzione di competenze “per blocchi” anziché su singole materie specifiche, come invece richiederebbe una corretta interpretazione dell’articolo 116 della Costituzione. Marone ha aggiunto che i Livelli essenziali di prestazione sono solo determinati per alcune materie e non garantiti in concreto su tutto il territorio nazionale, contravvenendo alla logica costituzionale che mira a garantire standard uniformi per tutti i cittadini, prima di introdurre elementi di competitività tra le Regioni.

Infine, Marone ha sottolineato che il finanziamento delle nuove funzioni regionali, basato esclusivamente sulla compartecipazione al gettito fiscale del territorio, senza una tassazione diretta delle regioni, favorirebbe le regioni più ricche, aumentando ulteriormente il divario economico tra Nord e Sud. Questo, secondo Marone, sarebbe in contrasto con la Costituzione e con gli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) approvati dall’Unione Europea, che prevedono la riduzione delle disparità territoriali all’interno del Paese.

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