Ora Zelensky ha un “nemico” in casa. Valery Zaluzhny è l’ex comandante delle Forze Armate di Kiev che ha fermato l’invasione russa, e che dopo uno scontro interno con l’attuale Presidente è stato rimosso dal suo incarico. Vero che a Zaluzhny sono stati tributati gli onori riservati agli eroi, ma la sua destituzione e l’incarico di ambasciatore a Londra sembravano averlo escluso dalle posizioni che contano nella gerarchia ucraina. In Inghilterra, come riporta Gianluca De Feo su Repubblica, il Generale ha tenuto un solo discorso sul significato della guerra moderna e poi si è chiuso nel silenzio. Qualcuno ha manifestato dubbi sulla sua salute, altri temevano che non godesse più di libertà di movimento. Ma ora Zaluzhny è tornato prepotentemente alla ribalta con la pubblicazione di una biografia intitolata: “Il generale di ferro. Lezioni di umanità“. Una mossa che molti, sia a Mosca, sia a Kiev, interpretano come preparatoria di una discesa in campo. Il volume che esalta le imprese del militare ucraino è stato scritto dalla sua ex portavoce militare Lyudmila Dolgonovskaya, “testimone delle attività e delle tensioni dell’alto comando”.
La biografia si incentra sul periodo della riconquista di Kherson e della liberazione della regione di Kharviv. In seguito, c’è stato il fallimento della controffensiva estiva che ha portato alle tensioni con Zelensky e alla destituzione. Il Presidente ucraino, in realtà, era entrato in conflitto con il suo capo militare già prima dell’attacco di Mosca, per motivi politici e istituzionali. Ma le frizioni sono cresciute quando Putin ha schierato i suoi uomini ai confini. Zaluzhny avrebbe voluto la mobilitazione dell’esercito e l’istituzione della legge marziale, provvedimenti a cui Zelensky si sarebbe opposto per “non provocare il panico”. Nella biografia, le accuse al Presidente sono chiare: “Le decisioni politiche giuste non sono state prese fino a Febbraio 2022“, vi si legge infatti. “E questa è una delle ragioni che hanno permesso ai russi di occupare il territorio”. Zelensky avrebbe dunque sottovalutato la portata dell’attacco russo, e in seguito, con il suo staff, si sarebbe intromesso nelle scelte militari.
Altro punto di contrasto la difesa della città di Bakhmut, che non aveva un valore strategico ma solo politico. Zaluzhny non avrebbe voluto sacrificare truppe in quella battaglia. Zelensky invece ha deciso di impegnarvi alcuni dei suoi migliori reparti. Insomma, pur non essendo sconvolgenti, “i contenuti della biografia rimarcano l’antagonismo fra il Generale e il Presidente“, scrive De Feo. Zaluzhny aveva insistito sulla necessità di una mobilitazione generale per aumentare il numero di effettivi nell’esercito. Non è stato ascoltato, e Zelensky ha pagato lo scotto nel momento in cui non è riuscito ad avere uomini sufficienti per attaccare Kursk e per difendere nello stesso tempo il Donbass. Oggi Zaluzhny ha visto le sue ragioni riconosciute dai fatti, e torna a parlare – anche se per ora attraverso un libro – di quello che bisognerebbe fare per condurre le guerre moderne, “che purtroppo sono totali e richiedono lo sforzo non solo dell’esercito, ma anche della società nel suo complesso”. In questo modo, secondo l’opinione di molti, il Generale si prepara a tornare sulla scena politica ucraina. E’ l’unico a poter sfidare la popolarità del Presidente. E il suo pragmatismo “a molti ucraini sembra più credibile degli slogan marziali della propaganda”.