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Il Paese del piattismo: che tutto cambi perché non cambi niente

Pubblicato: 05/09/2024 21:00


Questo strano Paese parla, straparla, scrive, discute di Riformismo da anni. Ogni tanto abbozza pure delle riforme legislative, una peggio dell’altra in questi 25 anni. In principio fu Moro, soprattutto alla fine degli anni 60, che sentì l’esigenza di un cambiamento, al passo con i tempi e con l’evoluzione del quadro sociale e politico. Da lì nacquero le grandi riforme delle Regioni e della Sanità con Donat Cattin. Proseguì Craxi dopo la morte di Aldo Moro, e alla fine della prima Repubblica ci fu Segni, il grande incompiuto, che abbatté l’ordinamento del sistema proporzionale, portandoci nel maggioritario bipolare. Oggi molti si dicono scontenti del bipolarismo, ma non vogliono abbandonare il maggioritario, ma le due cose si tengono come le carte del castello, un classico esempio della contraddizione italiana.

Il Riformismo è il sale di una democrazia partecipativa, e la sua funzione evolutiva. Una comunità se non cambia, se non evolve, dopo un po’ declina. Ed è quello che succede da trent’anni all’Italia, e se continuiamo così se va bene rimarremo nel G20. Il paese in questo bipolarismo a bassa oscillazione di contenuti, ed alta di populismo, si è appiattito su quello che desidera la gente, l’uovo oggi e non la gallina domani, la classe dirigente si è fatta guidare dell’elettorato, invece di guidarlo verso passi in avanti. È la legge del maggioritario, essere in bilico sull’opinione pubblica, da cui si trae il potere momentaneo e transeunte, però sterile e non fecondo di trasformazioni della società. Un potere fine a sé stesso, una legislazione d’urgenza, leggi finanziarie da telegiornale, che non incidono mai in niente, se non in qualche piccolo favore a piccole minoranze elettorali. Fare riforme significa rischiare, e per rischiare ci vuole un sistema politico stabile, e non in ostaggio permanente dell’opinione pubblica.

Nonostante la lentezza e le governance precarie, i sistemi politici nella prima repubblica erano stabili e consentivano riforme anche ampie. Nella seconda non si è fatto sostanzialmente nulla, ed i dati su PIL,  competitività, salari reali, visione di futuro sono peggiorati enormemente. Il maggioritario va bene per società evolute, che non si accontentano dello status quo, mentre in Italia la sintesi dell’opinione pubblica è abbastanza mediocre. Questo va bene non per il Riformismo ma per la conservazione, che nulla, o tutto, cambi, affinché si rimanga uguali,  senza nessuna crescita o mobilità sociale. Questo modus operandi possiamo definirlo Piattismo, ci si spalma sul presente rinunciando al futuro. La Scuola o l’università fatta per i docenti e non per gli studenti,  la Sanità costruita sugli operatori e non sui pazienti, la Pubblica Amministrazione ripiegata su se stessa, manco in un film di Checco Zalone, tutto è piatto e non genera cambiamento, solo vittimismo da agitare come bandiera del populismo, in un gioco dell’oca in cui torniamo sempre alla casella di partenza, senza un passo in avanti.

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Ultimo Aggiornamento: 06/09/2024 09:52