Prima la tentata “invasione” in territorio russo, a Kursk, con l’intento di mettere in scacco Putin e di fargli ritirare truppe dal Donbass. Poi, il terremoto politico interno, che fra dimissioni e licenziamenti ha sconquassato il governo di Kiev. Zelensky pensava di ottenere due risultati: ribaltare, almeno in parte, le sorti del conflitto con Mosca e dare nuova linfa al suo esecutivo. Ma ora sembra essere finito in un vicolo cieco. Il leader del Cremlino, infatti, non si è nemmeno sognato di sguarnire il suo esercito nel Donbass e lo ha lasciato fare in territorio sovietico, ben sapendo che senza un appoggio effettivo della Nato l’operazione è destinata a sgonfiarsi. E l’Alleanza Atlantica non sembra avere alcuna intenzione di scatenare un conflitto che diventerebbe inevitabilmente globale.
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Sia gli Stati Uniti, sia l’Europa devono fare i conti con opinioni pubbliche stanche della guerra e delle continue spese che comporta. Sul fronte interno, la cacciata di personaggi di spicco come il Ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, che da anni si occupa di negoziare l’invio di armi e finanziamenti occidentali in Ucraina e di tenere buoni rapporti con tutti gli alleati, si sta dimostrando una specie di boomerang. Perché il Presidente ucraino non ha più una classe dirigente di peso da proporre al posto di quella uscente, per cui sarà costretto a promuovere i “vice” dei personaggi allontanati. Non esattamente quello che avrebbe voluto.
LA MOSSA SBAGLIATA DI ZELENSKY
Le mosse di Zelensky si sono rivelate avventate e poco lungimiranti, motivo per cui anche in patria comincia a crescere la fronda contro le sue decisioni. Putin non è caduto nella sua trappola, troppo scoperta ed evidente. Anche perché ritiene che la zona di Kursk non entrerà mai a far parte di un negoziato, non essendo contesa come invece sono la Crimea e il Donbass. E sa che senza un intervento diretto della Nato, l’azione dell’esercito ucraino in territorio russo è destinata a finire senza eccessivi danni per il Cremlino.
Non a caso, poco prima di dimettersi (o meglio, di essere dimesso) Kuleba aveva lanciato un appello all’Occidente perché cambiasse linea sull’uso delle armi inviate all’Ucraina, permettendone l’uso su suolo russo, e anche perché inviasse nuovi sistemi di difesa antiaerea. Lo Zar ha risposto all’azione di Zelensky iniziando una serie di bombardamenti a tappeto dagli effetti sempre più drammatici, ai quali Kiev non riesce a oppporsi. E ora per il Presidente ucraino e per il suo Capo di Stato maggiore e consigliere militare Oleksandr Syrsky, altro fautore della missione a Kursk, le cose si fanno sempre più difficili. Anche perché non hanno un piano alternativo, e si trovano incastrati dalle loro stesse iniziative.