Fino a ora l’aviaria era stata confinata come una malattia di nicchia, colpiva operatori che trattavano pollame o bovini. Un virus pericoloso soprattutto per la moria degli animali infetti ma che ha infettato sporadicamente l’uomo in contatto stretto con il bestiame. Ora qualcosa è cambiato, il virus H5 ha fatto un salto di qualità e per la prima volta ha contagiato un uomo che non ha mai avuto alcun contatto con animali infetti. Il paziente numero uno, è un adulto americano che vive nel Missouri. In agosto è stato ricoverato in ospedale perché presentava sintomi di una pesante influenza, è stato curato con antivirali e rimandato a casa senza più sintomi. Il fatto ha destato non poche preoccupazioni tra la comunità medica.
Matteo Bassetti, direttore delle Malattie Infettive presso l’ospedale policlinico San Martino di Genova, ha dichiarato: “Se è vero quello che dicono i Cdc, e non ne ho dubbi, che è stato registrato in Missouri un caso umano di influenza aviaria A (H5) senza nessun contatto con animali, non è una bella notizia. Aspettavamo solo il quando l’influenza aviaria si sarebbe trasmessa da uomo-uomo e mi pare che questo caso potrebbe esserlo. Ora aspettiamo altre certezze dagli Usa su questa vicenda ma prima o poi l’influenza aviaria sarà un problema globale e andrà affrontata. Questo virus si sta avvicinando progressivamente all’uomo ed è più vicino di quanto possiamo pensare”.
Dubbioso Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia al Campus Biomedico di Roma che ha detto: “Per ora è un allarme non basato su dati scientifici, ma va monitorato con attenzione. Non possiamo esser certi che contatti ci siano stati in modo inconsapevole. Potrebbe aver mangiato carne infetta poco cotta. O aver toccato superfici che erano state a contatto con escrementi che contenevano materiale virale. Aspettiamo la sequenza per studiarla. Per ora è stato sequenziato solo il gene H5, mancano altre informazioni che possono indicarci la sua patogenicità, cioè la gravità della malattia. Per ora il rischio per l’uomo, se non si lavora in allevamenti intensivi, per ora il rischio è basso e chi è stato contagiato da animali ha presentato sintomi influenzali. Ma tra gli animali infetti vediamo alta letalità”.
Per mitigare i rischi associati alla zoonosi, come l’influenza aviaria, è essenziale seguire rigorose pratiche igieniche durante la macellazione e in altri contesti di manipolazione animale. Il concetto di “One Health” sottolinea l’importanza di un approccio integrato alla salute umana, animale e ambientale. Incentivare i piccoli allevamenti, che sono più facili da controllare rispetto ai grandi, potrebbe contribuire a ridurre il rischio di diffusione di queste malattie.