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Battaglia fra Genova e Londra per una “sala da pranzo”. Alla fine deve intervenire il Tribunale

Pubblicato: 09/09/2024 11:15

La vicenda che ha coinvolto indirettamente la nostra Genova in contrapposizione alla Capitale inglese Londra è molto particolare. E apre a qualche riflessione sulle dinamiche che caratterizzano l’odierno mercato dell’arte. Non perché la sala da pranzo allestita dall’architetto Carlo Mollino, notissimo designer deceduto nel 1973 a Torino, non sia bella. Anzi. Ma per i profani, non abituati a certe dinamiche, è difficile comprendere il perché del suo valore: un milione e mezzo di Euro.

Oltre al nome dell’autore, la valutazione riguarda un oggetto di interesse artistico che segna un’epoca. Il tavolo con sei sedie di Mollino venne realizzato fra il 1944 e il 1946 dall’architetto per l’appartamento dei coniugi Cesare e Ada Minola di Torino. Nel 2019 l’erede della coppia Ambrogio Minola, come riporta Marco Preve su Repubblica, ha chiesto e orttenuto dall’Ufficio della Soprintendenza di Genova due distinti attestati di libera circolazione, uno per il tavolo, l’altro per le sedie. Sono permessi che vengono richiesti quando un’opera riveste “eccezionale valore artistico e storico per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione, nonché di interesse storico”.

L’INIZIO DELLA CONTESA E L’ASTA DA CHRISTIE’S

La querelle sulla sala da pranzo di Mollino è iniziata nel 2023, quando la prestigiosa casa d’aste Christie’s di Londra ha annunciato la vendita imminente del set completo dell’opera (valore stimato fra 1.2 e 1.8 milioni di sterline). Ma la preannunciata asta non ha mai avuto luogo, perché nel frattempo è intervenuto il Ministero della Cultura italiano, che ha negato il rilascio dell’attestato di libera circolazione a causa della dichiarazione di interesse culturale del lavoro di Mollino. L’erede dell’opera e Christie’s, attraverso gli avvocati Giuseppe Calabi, Riccardo Di Santo e Cristina Riboni, hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio per ottenere l’annullamento della procedura ministeriale e un risarcimento pari almeno a 1 milione e 200mila sterline.

LA SENTENZA DEL TAR

L’opposizione degli avvocati riguardava anche la richiesta del ministero di “immediato rientro, entro 40 giorni, delle opere sul territorio nazionale“. Il Ministero, con il suo responsabile Alessandro Giuli appena subentrato al dimissionario Sangiuliano, rischiava di dover pagare la penale nel caso il Tribunale avesse accolto il ricorso di Christie’s e dell’erede. Ma il Tar ha respinto la richiesta, sottolineando come “l’Ufficio esportazione sia effettivamente incorso in un errore istruttorio, costituito dal non aver colto l’unità artistica del tavolo e delle sedie e, quindi, il relativo pregio storico-culturale, il che conduce a ritenere gli attestati medesimi illegittimi”.

RICORSO IN CONSIGLIO DI STATO

Il Tribunale ha anche sottolineato come la Soprintendenza di Genova sia stata “spinta all’errore” dalla richiesta di Ambrogio Minola, che non domandò l’autorizzazione unica per tavolo e sedie, ma le separò rendendo “meno immediata la percezione del valore unitario dell’opera“. Un comportamento che viene stigmatizzato dai giudici, pur non dichiarandolo illecito. Nonostante il pronunciamento del Tar, la querelle fra Genova e Londra, fra Christie’s e Minola e il nostro ministero, è tutt’altro che conclusa. Per dirimere definitivamente la contesa sulla sala da pranzo, con ogni probabilità la casa d’aste e Minola ricorreranno all’appello in Consiglio di Stato, organo che avrà l’ultima parola sull’intricata vicenda.

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