Ursula Von der Leyen pensa che i socialisti stiano bluffando, quando minacciano di non votare a favore della sua Commissione se verrà riconosciuto al Commissario italiano Raffaele Fitto un ruolo di primo piano nell’esecutivo. Come riferisce Claudio Tito su Repubblica, “nello staff di Ursula stanno provando a rilanciare tentando di mettere alla prova il Pse, i Verdi e i Liberali di Renew“. La Presidente, dopo aver ricevuto un secco “no” dai tre gruppi parlamentari, ha deciso di adottare la linea dura. “Non accetto diktat”, ha fatto sapere ai contestatori.
LA DURA RISPOSTA DEI SOCIALISTI
La risposta è stata altrettanto dura, in particolare da parte della leader socialista Garcia Perez: “Sei tu a bluffare”, le ha risposto l’esponente del Pse, “va avanti e vedrai come risponderemo“. Una sorta di scontro all’arma bianca che sta creando una grande confusione, e del quale non sono chiare le reali conseguenze. L’unica cosa evidente è che l’accordo sembra ancora difficile da raggiungere, almeno in tempi brevi.
TRE DOSSIER SUL TAVOLO
“Sul tavolo”, scrive Repubblica, “ci sono almeno tre dossier“. Il primo, che ci riguarda più direttamente, ha come fulcro del disaccordo il ruolo di Raffaele Fitto nella commissione. E la presenza dei conservatori dell’Ecr, il gruppo capeggiato da Giorgia Meloni, nella nuova Commissione. Gli altri due, sono la distribuzione dei portafogli e l’equilibrio di genere, cioè la presenza di un numero adeguato di donne nella squadra di Von der Leyen. Ma gli ultimi due sono più facilmente superabili in tempi ristretti. Il vero ostacolo è il primo.
LA RICHIESTA DI “ABIURA” DEL SOVRANISMO
“Ad eccezione del Ppe”, scrive Repubblica, “tutti gli altri lo considerano una lesione alla maggioranza che ha confermato il mandato a Von der Leyen. Non intendono dunque accettare l’idea di assegnare al ministro italiano la carica di vicepresidente esecutivo“. Per questo, gli europeisti avrebbero intenzione di entrare a gamba tesa nelle dinamiche politiche di Roma. Addirittura chiedendo a Fitto una sorta di giuramento e di “abiura” delle posizioni sovraniste di FdI. E questo anche se non verrà nominato vicepresidente dell’esecutivo.
I socialisti, i verdi e i liberali al momento dell’audizione gli chiederanno di dichiararsi contrario alle posizioni “antieuropee”, a loro modo di vedere, dei conservatori. Di aderire totalmente alle politiche della Commissione e di condividere lo spirito e l’applicazione delle politiche Green che tante polemiche stanno sollevando, peraltro non solo in Italia. Si tratta di un diktat inaudito.
UN DIKTAT INACCETTABILE
Si chiede a un rappresentante politico una sorta di “giuramento di fedeltà” che ne cancellerebbe l’autonomia decisionale, la libertà di espressione ed eventualmente di critica nei confronti delle decisioni della Commissione europea. Sembra più un editto feudale che l’operato di un’istituzione democratica. Ed è evidente che il nostro rappresentante, così come il governo Meloni, non potrebbero mai accettare una procedura così umiliante e contraria a qualsiasi principio di democrazia. Per cui la situazione è in stallo, e raggiungere un’intesa sembra tutt’altro che semplice.