di Diletta Riccelli
A Roma non succede quasi mai. A Roma di esecuzioni in strada, se ne vedono poche. Eventi marginali, spesso legati al mondo della criminalità organizzata che riempiono i trafiletti dei grandi quotidiani cittadini e che alimentano le chiacchere da bar. A Roma non succede quasi mai di venire brutalmente uccisi in mezzo alla strada, in pieno giorno, nell’opulenza delle vie centrali. A Roma non succede, sino alla mattina del 5 luglio 2011 quando muore Flavio Simmi. Gambizzato in mezzo alla strada.
A 13 anni dalla morte di Flavio non esiste giustizia, perché non c’è ancora un colpevole. Ma attraverso la storia del gioielliere romano, è passata una fittissima e intricatissima rete di congetture, di supposizioni e di ipotesi il più delle volte slegate dalla realtà. Come la Banda della Magliana.
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Ma andiamo con ordine. Flavio è stato ucciso in strada, crivellato da colpi di arma da fuoco mentre si trovava a bordo della sua auto, una Ford Ka grigia, intorno alle 9.30 del mattino del 5 luglio 2011, poco dopo che aveva smesso di piovere. L’attacco è avvenuto all’incrocio tra Via Simone de Saint Bon e Via Riccardo Grazioli Lante, mentre era in compagnia della moglie, Paola Petti.
Due persone non identificate, a bordo di una moto, si sono affiancate all’auto e hanno sparato un primo colpo che ha perforato la ruota anteriore destra. Flavio così ha tentato di fuggire gettandosi dall’abitacolo, ma è stato colpito da altri sette colpi di pistola, che si sono rivelati fatali. Sul luogo sono stati ritrovati otto bossoli, e alcuni testimoni hanno riferito di aver sentito una serie di colpi ravvicinati.
Ma questo non era il primo attentato subito da Simmi. Qualche mese prima, nel febbraio del 2011, il 33enne aveva subito un altro agguato, davanti gli occhi inermi della madre. L’episodio era avvenuto davanti all’attività commerciale della famiglia, un “Compro Oro” nei pressi di Campo De’ Fiori. Ad ogni modo, qualche giorno dopo l’agguato il padre di Flavio aveva ricevuto un telegramma in cui il misterioso mittente prometteva che avrebbe lavato con la morte il suo onore. Ma chi poteva avercela così tanto con il giovane Simmi? Dalle indagini e dai racconti dei famigliari ben presto era emerso un episodio, risalente al 2005. Flavio Simmi, infatti, insieme a un amico era stato accusato di violenza sessuale ai danni della moglie del pregiudicato Ivan Gennaro Musto, all’epoca detenuto. Grazie alla presenza di un video, Simmi era stato completamente scagionato dall’accusa, ma le voci che giravano erano che Musto non avesse perdonato lo sgarro. Ecco, dunque, il perfetto movente passionale. Una vendetta per uno sgarro risalente a 6 anni prima. Semplice. Forse troppo semplice.
Indagini condotte in maniera frastagliata non hanno permesso ad oggi di inquadrare il colpevole ma soprattutto hanno creato attorno alla storia di Simmi una patina opaca di ipotesi al limite della fantasia. Come nel caso della contessa Alberica Filo della Torre, attraverso la storia di Flavio, è passata la criminalità organizzata, la Banda della Magliana, la droga e la ricettazione di gioielli. Ma di concreto nulla. Ora la famiglia chiede giustizia e chiede a distanza di 13 anni, una verità che possa aiutarli a tenere vivo il ricordo di Flavio.