L’impatto dell’intelligenza artificiale in tutti i settori della nostra esistenza è sempre più evidente. E genera situazioni inedite, nonché tentativi (a volte molto ben riusciti, come in questo caso) di truffe, in cui i soggetti implicati si muovono su un confine sottile che separa legalità e illegalità. Come nel caso di Michael Smith, un musicista 52enne del North Carolina, che è stato arrestato con l’accusa di aver orchestrato uno schema ingannevole che gli ha fruttato oltre 10 milioni di dollari.
Smith ha utilizzato l’intelligenza artificiale (IA) e i bot per manipolare le piattaforme di streaming musicale come Spotify e Apple Music. Tra il 2017 e il 2024, il 54enne avrebbe generato migliaia di canzoni con l’ausilio dell’IA, creando falsi ascolti per incassare royalties che sarebbero spettate ad artisti legittimi.
COME FUNZIONAVA LA TRUFFA
Il meccanismo di Smith era basato su un sistema di bot (falsi contatti) che riproducevano continuamente i brani creati dall’IA. Utilizzando account falsi, registrati con email e carte di debito prepagate, riusciva a generare ascolti artificiali, accumulando così royalties per ogni riproduzione. Le piattaforme di streaming pagano una frazione di centesimo per ogni ascolto, ma con centinaia di migliaia di ascolti generati ogni giorno, Smith riusciva a incassare fino a 1,2 milioni di dollari l’anno.
Il presunto truffatore ha diversificato il suo portfolio musicale per non attirare sospetti, caricando migliaia di canzoni con nomi e artisti fittizi come “Calm Baseball” e “Callous Post”. Questo vasto catalogo gli permetteva di distribuire gli ascolti artificiali in modo omogeneo su tutte le tracce, evitando di concentrare troppo traffico su una singola canzone, cosa che avrebbe potuto far scattare gli allarmi degli algoritmi di sicurezza delle piattaforme.
IL SISTEMA DELLE ROYALTIES
Il sistema di pagamento delle royalties nello streaming funziona in modo semplice: ogni volta che una canzone viene riprodotta, una piccola percentuale viene pagata all’artista o al titolare dei diritti. Tuttavia, dato che il guadagno per singolo ascolto è molto basso, solo le canzoni con milioni di stream generano cifre significative. Smith ha sfruttato proprio questo aspetto, creando un sistema che pompava miliardi di ascolti falsi. E su ogni ascolto l’uomo incassava qualche centesimo.
LA SCOPERTA DELLA TRUFFA
Nel 2018, il Mechanical Licensing Collective (MLC), un’organizzazione che gestisce le licenze per la musica in streaming negli Stati Uniti, ha notato un numero anomalo di nuove canzoni che generavano rapidamente enormi volumi di ascolti. Questo ha innescato un’indagine che ha portato a smascherare lo schema di Smith. Le autorità federali hanno accusato il 54enne di frode telematica, riciclaggio di denaro e associazione a delinquere.
Le accuse sono gravi: ciascun capo d’imputazione prevede una pena massima di 20 anni, il che significa che Smith potrebbe affrontare fino a 60 anni di carcere. La questione in ogni caso non è di semplice soluzione. L’uomo infatti nega le accuse, sostenendo che la sua musica fosse “di origine umana”, anche se le prove contro di lui sembrano schiaccianti. Il caso segna comunque una nuova frontiera nelle truffe digitali legate all’uso dell’intelligenza artificiale.