Renzi, sempre più a piè veloce, aveva decretato da tempo la non sostenibilità, a condizioni date, di un terzopolarismo. Soprattutto in considerazione del fatto che paventa il voto a breve. Calenda era quasi, incredibilmente, contento che Il suo ex capo sgombrasse il campo del terzo polo. Ma da quando si sono separati i due dioscuri che due anni fa centrarono l’8%, è stata solo una rissa narcisistica nel pollaio che ha stancato tutti. Oggi le defezioni da Azione di tutta la classe dirigente di esperienza testimonia che il film è arrivato ai titoli di coda. Azione tra poco non potrà più agire, in quanto non basta andare a fare il polemista in televisione alla Sgarbi, ma bisogna costruire un soggetto politico sul territorio, cosa difficilissima, ed affrontare elezioni amministrative e locali. Cosa non alla portata di tutti, soprattutto di un narcisistico principiante, come lui orgogliosamente si definisce, della politica.
Calenda è rimasto solo non tanto per l’abbandono di Costa, Carfagna e Gelmini, ma perché la quantità, di meno conosciuti, dirigenti locali che se n’è via via andata è grande. Pensiamo solo al candidato Presidente della Regione Siciliana, Gaetano Armao, che dopo solo sei mesi dalle elezioni è diventato consulente di Schifani. Diciamolo chiaramente, nonostante lui critichi ad ogni piè sospinto i 5stelle, è più approssimativo di loro a formare un gruppo politico ed a gestirlo. Non è ovviamente l’unico narciso del quadro politico italiano, solo è l’unico che in buona fede, forse, si sopravvaluta enormemente. E a questo aggiunge una patente, come quella descritta da Pirandello, di totale inaffidabilità. La retromarcia sul patto con Letta, nel giro di due giorni, segna un record difficilmente superabile della pur screditata politica italiana. Trovandosi da solo ora cercherà un posto nel cosiddetto campo largo, ottenendo forse un paio di strapuntini, di quelli da viaggio in piedi sui treni degli emigranti. La colpa non è sua, totalmente. Il vero problema in Italia che a nessuno piace questo maggioritario ma nessuno ha la forza o la voglia di abolirlo. Il maggioritario, in una fragile democrazia come quella italiana, ci ha solo condotto alla fine della democrazia rappresentativa, in cambio di una governance, dentro i partiti e dentro le istituzioni, che ha concentrato il potere nelle mani di pochissime persone. E chi vuoi che si tolga questo potere?
Inoltre al popolo bue queste questioni – la democrazia rappresentativa – sono ostiche quanto la filologia romanza: meglio votare per il Grande Fratello o X Factor, c’è più gusto e libertà. Tra poco – da qui i sommovimenti – torneremo al voto, ed a meno di sorprese da Casa Mondadori rivedremo il solito film. Una minoranza che comanda, grazie alla legge elettorale, ma non governa il Paese.
Così è se vi pare.