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Natasha Pugliese, l’autopsia sulla 23enne morta in ospedale a Foggia: medici e infermieri indagati

Pubblicato: 19/09/2024 23:02

La tragica vicenda della morte di Natasha Pugliese ha scosso l’opinione pubblica e ha messo in evidenza sia problemi di sicurezza sia dubbi sulle responsabilità mediche. Da un lato, le associazioni di categoria hanno sollevato forti critiche e richieste di azioni immediate, mentre dall’altro la famiglia della giovane, nel pieno del dolore, cerca risposte sulla sua morte.
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L’autopsia sul corpo di Natasha e le indagini

Nel pomeriggio di mercoledì 18 settembre è stata eseguita l’autopsia sul corpo di Natasha Pugliese, la giovane di 23 anni di Cerignola, in provincia di Foggia, deceduta lo scorso 4 settembre durante un intervento chirurgico al Policlinico Riuniti. La ragazza era stata ricoverata il 19 giugno a seguito di un incidente stradale avvenuto a Cerignola, mentre si trovava a bordo di un monopattino. L’esame autoptico è stato condotto dal professor Vittorio Fineschi, che ha richiesto un termine di novanta giorni per depositare la perizia. Saranno necessari ulteriori approfondimenti per chiarire con precisione la causa della morte, e nel frattempo proseguiranno le analisi delle cartelle cliniche e della documentazione relativa al ricovero presso la struttura ospedaliera.

Il decesso è avvenuto il 4 settembre durante un’operazione al Policlinico Riuniti, ma le circostanze restano da chiarire. L’esame autoptico è stato condotto dal professor Vittorio Fineschi, il quale ha richiesto novanta giorni per completare la perizia. Sono necessari ulteriori accertamenti per determinare con precisione la causa della morte, e saranno esaminate attentamente le cartelle cliniche e la documentazione del ricovero. A complicare ulteriormente la situazione, vi è stata un’aggressione da parte dei familiari e amici della giovane nei confronti del personale medico subito dopo l’annuncio del decesso.

Le parole della sorella

La sorella di Natasha, in un momento di forte emozione, ha raccontato quanto accaduto, descrivendo la reazione violenta di alcuni presenti: “Nessuno ci aveva mai parlato di morte o di una situazione così grave, pensavamo che l’intervento fosse delicato ma non disperato”. La sua descrizione di quel tragico momento evidenzia il caos e la frustrazione provati: «Dopo dieci minuti si apre quella porta maledetta… ho chiesto di mia sorella, ma nessuno mi rispondeva… ho urlato, messo mani addosso a chiunque. La mia famiglia ha fatto peggio di Gomorra, perché mia sorella è stata uccisa da loro. Dovevano trasferirla subito, sapevano che non erano competenti per quell’intervento». L’intera vicenda resta ancora sotto indagine, con molte domande senza risposta e un dolore profondo che segna la famiglia di Natasha.

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