
In un periodo di scontri militari sempre più cruenti, con il mondo che rischia di saltare su una polveriera, gli Ayatollah iraniani hanno individuato un “nemico” contro chi scendere sul piede di guerra: le donne, e in particolare le cittadine dell’Iran. A segnalare il “cambiamento” in atto è Greta Privitera in un articolo sul Corriere della Sera. Il regime di Teheran ha infatti intensificato le misure repressive contro le proprie cittadine.
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Mentre l’ayatollah Ali Khamenei continua a gestire la retorica di guerra contro Israele, all’interno del Paese si approvano leggi sempre più restrittive. Il Consiglio dei Guardiani ha dato il via libera a un disegno di legge che aggrava ulteriormente la già drammatica condizione delle donne iraniane: più carcere, più multe e restrizioni su viaggi e accesso a Internet per chi non rispetta il corretto uso del velo.

Una regime sempre più duro
Solo pochi giorni fa, il neo-presidente Masoud Pezeshkian, riformista appena eletto, aveva sorpreso alcuni con dichiarazioni che promettevano un allentamento della pressione sulla polizia morale. Ma questa nuova legge conferma che il potere reale è ancora nelle mani dell’ayatollah, e le speranze di cambiamento rimangono un miraggio. Le attiviste iraniane lo sanno bene: per loro, il regime non è riformabile. Ogni promessa di riforma è solo fumo negli occhi, un’illusione destinata a scontrarsi con la realtà di una dittatura teocratica e autoritaria.
La legge appena approvata prevede pene molto più severe per le donne che non indossano correttamente l’hijab, e per chiunque promuova “nudità e indecenza” sui social media. Si parla di multe salatissime, divieti di viaggio e persino restrizioni all’accesso a Internet, una misura che punta a reprimere il dissenso online. Le attiviste non si aspettavano nulla di diverso: da 45 anni, da quando la rivoluzione khomeinista ha preso il potere, le donne in Iran vivono un apartheid di genere.

Una società in rotta di collisione con il regime
Queste nuove restrizioni non sono una sorpresa per la società iraniana, dove già le leggi sul velo sono da tempo un simbolo di repressione. Ogni ulteriore stretta esaspera una popolazione che è sempre più distante dalle politiche del governo islamista. La frattura tra la maggioranza del popolo e le autorità non fa che allargarsi, e il rischio di una tensione interna crescente è sempre più palpabile.
Una doppia faccia per l’Occidente
Mentre le donne vengono soffocate in Iran, il presidente Pezeshkian cerca di vendere all’Occidente una versione “moderata” del suo governo. Al Consiglio delle Nazioni Unite, ha parlato di riforme, unità nazionale e sviluppo economico, tentando di mascherare la vera natura del regime. Come ha detto Behnam Ben Taleblu della Foundation for Defense of Democracies, questa retorica è solo un “cambiamento di stile, non di sostanza”. Il vero potere rimane nelle mani di Khamenei e della sua cerchia di estremisti.