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Strage di Nuoro, le prime parole del figlio di Gleboni, unico sopravvissuto: “Sono vivo perché mi sono finto morto” “

Pubblicato: 26/09/2024 16:50
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Roberto Gleboni è l’operaio forestale e sindacalista della Cisl di 52 anni che, nella sua casa di Nuoro, con una pistola calibro 7.65, ha ucciso la moglie Maria Giuseppina Massetti di 43 anni, la figlia Martina di 25 anni, il figlio Francesco di 10 anni, il vicino di casa Paolo Sanna di 69 anni (Per il figlio più piccolo di Gleboni e il vicino era stato avviato l’iter per la morte cerebrale. Durante la notte però, prima che fossero concluse le procedure, il cuore del bambino si è fermato). E ha ferito gravemente un altro figlio di 14 anni e la madre di 84 anni, Maria Esterina Riccardi.  Proprio il figlio sopravvissuto ha parlato brevemente con gli inquirenti, prima di essere sottoposto a un delicato intervento: “Questa mattina in casa urlavano tutti”, ha detto. “Sono tutti morti. Mi sono salvato perché ho finto di esserlo anche io. In casa urlavano tutti“.
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Gli inquirenti, tra cui i sostituti procuratori Riccardo Belfiori e Sandra Piccicuto, stanno ora indagando per cercare di scoprire i motivi che hanno portato una persona apparentemente tranquilla a compiere questa assurda strage. I condòmini di Gleboni raccontano di un cambio d’umore evidente negli ultimi tempi.

Nelle ultime ore, una tragedia nella tragedia: la procedura di espianto degli organi, che era stata avviata sia sul vicino di casa che sul piccolo Francesco, ha funzionato sull’uomo ma non sul bambino.
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In casi come questo, senza un apparente perché, lo sforzo investigativo è un dovere morale prima che giuridico”, dichiara il procuratore generale di Cagliari Luigi Patronaggio.

“In casa urlavano tutti”

L’unico sopravvissuto è il figlio di 14 anni, ferito di striscio. “Stamattina a casa urlavano tutti”, ha raccontato il ragazzo alle forze dell’ordine mentre lo accompagnavano in ospedale. Questa frase getta ombre su ciò che potrebbe essere accaduto prima della tragedia. Gli inquirenti sperano che le parole del ragazzo possano svelare cosa ha scatenato l’orrore. Il giovane è stato operato per rimuovere alcune schegge dalla mandibola. Non può ricevere visite, solo il personale medico può vederlo. Gli investigatori attendono il momento in cui potranno interrogarlo per cercare di capire cosa sia successo e quale sia stato il movente dell’operaio forestale che ha sterminato la sua famiglia.

Le indagini

Le indagini puntano anche sui dispositivi elettronici delle vittime e dell’omicida, con la speranza di trovare indizi che possano chiarire se una crisi economica o familiare abbia spinto Roberto Gleboni a compiere un gesto tanto terribile. Nessuno, fino a quel momento, sospettava tensioni in casa Gleboni. Mai denunce, mai segnalazioni di litigi.

Il rettore ricorda Martina

Intanto, il paese resta sconvolto dal dolore. All’università, il professor Carlo Pala ricorda Martina, la figlia di Gleboni: “Era un tesoro di ragazza, studiosissima. Si era appena laureata in Scienze dell’Amministrazione e stava preparando i concorsi. Era felice, l’ho incontrata poco tempo fa e mi aveva detto che sarebbe venuta a trovarmi presto. Ora non la rivedrò mai più”.

Pala ricorda anche il giorno della laurea: “Il padre era orgogliosissimo, mi aveva invitato al pranzo, ma non potevo andare. Ho ancora la sua tesi con quella dedica che ora mi stringe il cuore: ‘A mio padre, l’uomo della mia vita’. Nessuno poteva immaginare una fine così tragica”.

Alle elementari banco vuoto per Francesco

Anche la scuola elementare di Monte Gurtei ha vissuto una giornata di lutto. Francesco, 10 anni, frequentava la quinta elementare. I suoi compagni hanno posato fiori e lettere sul suo banco vuoto. “Francesco era il più bravo della classe”, ricorda una mamma. “Un bambino gentile e corretto”. Nessuno aveva mai notato segni di disagio nella famiglia, che era conosciuta come riservata. “I panni sporchi si lavano in casa”, commenta un’altra mamma, riflettendo sulla tragedia.

I vicini di casa: “Gleboni faceva dispetti e reagiva male per cose minime”

Roberto Gleboni era sempre stata una persona gentile con tutti. Qualche segnale negli ultimi tempi, però, aveva fatto allarmare più di qualcuno. Nella palazzina di via Ichnusa, dove era in affitto da sei anni, “aveva cominciato a fare dispetti e ad avere reazioni spropositate per cose banali”.

Proseguono i vicini: “Aveva messo in atto anche dei piccoli dispettucci sui contenitori della raccolta differenziata. Ma mica uno può prevedere una strage del genere, anche perché quante persone strane conosciamo al mondo? Ieri mattina ho sentito un boato fortissimo prima degli spari, come se qualcuno avesse rovesciato un grosso mobile, poi ho sentito gli spari in sequenza rapida, saranno stati cinque o sei ma non ho immaginato che fossero spari su delle persone, pensavo a petardi o cose del genere. Poi purtroppo abbiamo scoperto la strage”.

Il possibile movente della strage di Nuoro

Una delle motivazioni che potrebbe aver spinto Gleboni a compiere la strage è il rapporto conflittuale con la moglie, dalla quale sembra si stesse per separare. Secondo diverse testimonianze raccolte, i rapporti tra i due coniugi erano complicati. La prima figlia, ad esempio, era nata quando Maria Giuseppina era ancora minorenne. Una circostanza che aveva fatto sorgere tensioni con la famiglia di lei, in particolare con il suocero, che però è stato risparmiato dalla furia omicida di Gleboni.

Dubbi anche sul carattere di Roberto Gleboni. La maggior parte dei vicini lo descrive come un uomo tranquillo e disponibile. Alcuni però lo ritengono una persona autoritaria e aggressiva. “Spesso urlava. A volte sembrava prepotente e quasi esaltato. Era possessivo e aveva una mania di controllo smodata, soprattutto su moglie e figli”, ha riferito una vicina di casa. Ad ogni modo, non risultano denunce o segnalazioni di comportamenti violenti in famiglia nei suoi confronti.

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Ultimo Aggiornamento: 27/09/2024 09:23