Nel dibattito crescente sulla presunta minaccia democratica rappresentata dai giganti della tecnologia, è necessario riequilibrare la narrazione. Mentre articoli come quello di Luca Angelini per il Corriere della Sera lanciano l’allarme su un possibile “golpe tecnologico”, i social network sono stati e continuano a essere uno dei più potenti strumenti di libertà e democrazia mai emersi nella storia recente.
La democratizzazione dell’informazione
I social network, con tutti i loro difetti, hanno permesso a miliardi di persone di avere voce. Prima della loro ascesa, l’informazione era centralizzata in poche mani: i grandi media e le istituzioni governative controllavano la narrazione globale. Oggi, grazie a piattaforme come Facebook, Twitter (X) e Instagram, ogni individuo può esprimere la propria opinione, condividere notizie e influenzare il dibattito pubblico, bypassando i filtri tradizionali. Questa è una rivoluzione democratica che ha dato potere a chiunque, anche a chi non aveva accesso ai media mainstream.
La libertà di espressione sotto attacco?
Le critiche che vedono le Big Tech come minacce alla democrazia spesso dimenticano che queste stesse piattaforme hanno favorito le rivoluzioni sociali e politiche degli ultimi anni. Pensiamo alla Primavera Araba o ai movimenti per i diritti civili in tutto il mondo, che hanno trovato nei social uno spazio per organizzarsi e per essere ascoltati. La preoccupazione per il controllo che aziende come Meta o Twitter esercitano è legittima, ma non bisogna dimenticare che esse sono anche l’unico strumento di libertà di espressione per milioni di persone in contesti repressivi.
L’ascesa dei nuovi editori indipendenti
Un altro aspetto fondamentale da considerare è che grazie ai social network sono nati in tutto il mondo tantissimi editori e giornali indipendenti, che altrimenti non avrebbero avuto la possibilità di emergere. Prima dell’avvento di queste piattaforme, avviare una testata giornalistica richiedeva ingenti investimenti e un’infrastruttura complessa. Oggi, invece, chiunque può aprire un sito web, utilizzare i social per diffondere i propri contenuti e costruire una comunità di lettori. Questo ha dato vita a una pluralità di voci e punti di vista che arricchiscono il dibattito pubblico, rompendo il monopolio dell’informazione detenuto dalle grandi testate tradizionali. I social network, quindi, non solo hanno democratizzato l’accesso all’informazione, ma hanno anche favorito la nascita di un giornalismo più libero e partecipato, meno soggetto alle pressioni di interessi economici o politici.
Il controllo del potere vs il potere del controllo
L’idea che i governi debbano “riconquistare la sovranità” nel mondo digitale, come proposto da critici come Marietje Schaake, ignora una verità fondamentale: i governi stessi sono spesso i principali oppressori della libertà di parola. In molti Paesi, i leader autoritari sfruttano il potere statale per silenziare le opposizioni e manipolare l’opinione pubblica. In questo contesto, i social network rappresentano un baluardo di libertà, permettendo la diffusione di informazioni che i governi vorrebbero censurare.
Regolamentare o controllare?
Si parla spesso di creare leggi più severe per regolamentare le piattaforme tecnologiche, ma il rischio è che queste normative diventino strumenti per i governi stessi, mirati a limitare la libertà online. Certo, c’è bisogno di maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle Big Tech, ma l’eccessiva regolamentazione potrebbe soffocare l’innovazione e trasformare i social in strumenti di controllo statale.
Il lato positivo dei social
Le aziende come Meta, Twitter e altre possono avere un impatto considerevole sulla politica e sull’opinione pubblica, ma la loro forza risiede proprio nella possibilità di democratizzare l’accesso alle informazioni. L’uso che ne facciamo come società è la vera chiave per preservare le nostre libertà. Se vogliamo proteggere la democrazia, non dovremmo guardare ai social come a un nemico, ma come a uno strumento che, con le giuste regole, può continuare a difendere i nostri diritti più fondamentali.