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La più importante azienda europea sull’orlo del fallimento. E ora è a rischio tutto il settore dell’energia

Pubblicato: 14/10/2024 10:58

Pessime notizie arrivano dal Nord Europa. E confermano tutti i timori e le difficoltà che il nostro Continente sta attraversando nel settore energetico e di produzione di batterie che, attualmente, ci vedono dipendenti dalla Cina. Una situazione resa ancora più complessa dalle crescenti tensioni intorno all’Isola di Taiwan. L’azienda svedese Northvolt, considerata una delle più importanti startup europee, è infatti sull’orlo del fallimento.

Come riportato da Filippo Santelli su Repubblica, la startup era nata con l’obiettivo di contrastare la dipendenza dell’Europa dai produttori cinesi di batterie. Ma la crisi del mercato elettrico e diverse difficoltà produttive l’hanno spinta a ridurre del 20% il personale. La caccia a nuovi fondi per la sopravvivenza è iniziata, mentre gli obiettivi di autonomia strategica dell’Europa sono ora in pericolo.

Northvolt: il simbolo di un’Europa indipendente

Northvolt non è l’azienda più grande per fatturato o dipendenti, ma è stata da subito un simbolo del tentativo dell’Unione Europea di liberarsi dalla dipendenza dalla Cina nel settore delle batterie. La startup, cofondata dall’italiano Paolo Cerruti, ex ingegnere di Tesla, aveva attirato investitori di peso come BMW e Volkswagen, ottenendo miliardi di finanziamenti dalla Banca Europea degli Investimenti e dal governo tedesco.

Nonostante queste solide basi, la crisi dell’auto elettrica e le difficoltà nel raggiungere gli obiettivi produttivi hanno spinto Northvolt in una crisi profonda. L’azienda ha recentemente licenziato 1.600 dipendenti, circa il 20% della forza lavoro, e ha ridotto drasticamente i piani di espansione. Ora, è alla ricerca disperata di finanziamenti per evitare la bancarotta.

Morti sospette e crisi dell’auto elettrica

Eppure il 2024 sembrava promettente per Northvolt. A gennaio, l’azienda aveva ottenuto un finanziamento “verde” da 5 miliardi di dollari, garantito in parte dalla BEI e da altre banche, tra cui Intesa Sanpaolo. Questi fondi dovevano essere impiegati per espandere la Gigafactory a Skellefteå, in Svezia, e costruire un impianto per il riciclo dei materiali, un passo cruciale per la sostenibilità dell’azienda. Inoltre, il governo tedesco aveva concesso 902 milioni di aiuti per costruire un secondo stabilimento.

Le difficoltà sono emerse nei mesi successivi. L’impianto di Skellefteå, che aveva prodotto la sua prima batteria nel 2022, non è riuscito a raggiungere i livelli produttivi previsti. Il ritmo di produzione è rimasto bloccato a una frazione di quanto inizialmente pianificato. A ciò si è aggiunto il dramma della morte improvvisa di tre dipendenti. Un mistero che ha portato a un’indagine i cui risultati non sono ancora stati resi pubblici .

A rischio il piano di autonomia energetica europea

A complicare ulteriormente la situazione, la Bmw ha cancellato un ordine da 2 miliardi di dollari, lasciando Northvolt in una situazione finanziaria sempre più precaria. Le vendite di auto elettriche sono crollate in tutta Europa, aggravando la crisi dei produttori, compresi quelli tedeschi. Un definitivo croIlo di Northvolt non riguarderebbe solo l’azienda, ma metterebbe in discussione l’intero progetto di autonomia industriale europea.

L’Ue, dietro la spinta della Commissione Von der Leyen, aveva avviato un ambizioso programma di autonomia strategica per contrastare gli investimenti cinesi e statunitensi nelle tecnologie chiave. La crisi della startup svedese ci ha messi di fronte a una realtà scomoda: a partire dai costi enormi necessari per produrre in Europa quello che fino ad oggi è stato acquistato dalla Cina. E ora Bruxelles trema.

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Ultimo Aggiornamento: 14/10/2024 11:00

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