
Leonardo Calcina era il ragazzo di 15 anni di Senigallia che lo scorso 13 ottobre si è suicidato sparandosi con la pistola d’ordinanza che aveva sottratto al padre Francesco, vigile urbano. Quattro giorni prima, il 9 ottobre, Leonardo aveva inviato sette messaggi whatsapp alla mamma Viktoryia, che ora sembrano una disperata e finale richiesta di aiuto.
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“Mamma, ho parlato col prof di sostegno gli ho detto che voglio andare via dalla scuola. – scrive Leonardo in questi sette brevi messaggi – Perché mi trovo male. Non ce la faccio più, l’ho spiegato al prof, ma lui non fa nulla, non mi ascolta, ha detto che la scuola fino a 16 anni è obbligatoria”.
Il racconto disperato del padre di Leonardo
Nei messaggi Leonardo non fa però cenno alle violenze e alle molestie che subiva ogni giorno da tre compagni di classe, due ragazzi e una ragazza, all’istituto turistico alberghiero ‘Panzini’ di Senigallia. A parlarne ai carabinieri è invece il padre Francesco lunedì pomeriggio, subito dopo il ritrovamento del corpo del figlio: “Nostro figlio diceva a sua madre che i professori non riprendevano in classe questi alunni che offendevano lui o altri, ma talvolta facevano come finta di non accorgersi di nulla”.

“Sempre lo stesso gruppetto di compagni era solito toccarlo, strizzargli i capezzoli in palestra, dargli botte nelle sue parti intime, manate che, se anche non date con forza elevata, il dolore si sente comunque. – spiega ancora il padre del 15enne – Leonardo non aveva atteggiamenti omosessuali e dal nostro punto di vista era un ragazzo eterosessuale, ma anche se così non fosse stato sia chiaro che per noi non ci sarebbero stati problemi. Ma quei tre compagni cantilenavano il suo cognome con modalità femminili al punto da costringerlo talvolta a indossare gli auricolari per non sentirli”, conclude aggiungendo con amarezza che, dopo il suicidio del figlio, nessuno dei compagni di classe ha telefonato per fare loro le condoglianze.