La Procura di Reggio Calabria ha chiesto una condanna a 24 anni di reclusione per Antonio De Pace, l’infermiere vibonese che, il 21 marzo 2020, uccise la sua fidanzata Lorena Quaranta a Furci Siculo, in provincia di Messina. Lorena, una studentessa prossima alla laurea in medicina, fu strangolata da De Pace durante il periodo di lockdown legato alla pandemia. Il processo è giunto a un momento cruciale dopo che la Corte di Cassazione, lo scorso luglio, aveva annullato la sentenza di ergastolo emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina, limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
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Nel corso dell’udienza, il sostituto procuratore generale, Domenico Galletta, ha chiesto che vengano riconosciute le attenuanti generiche, in quanto ritenute equivalenti all’aggravante del legame affettivo tra De Pace e la vittima, e ha richiesto una condanna a 24 anni di reclusione, la pena massima per un omicidio commesso in queste circostanze.
La difesa di De Pace, composta dagli avvocati Salvatore Staiano, Bruno Ganino e Marta Staiano, ha sostenuto che l’omicidio non possa essere considerato un “femminicidio” in senso stretto, sottolineando come non vi sia stata una causa apparente, se non lo stato di angoscia mentale in cui si trovava l’imputato. De Pace, infatti, avrebbe tentato due volte il suicidio dopo aver commesso il delitto.si tratta di “un omicidio apparentemente senza causale se non quello dello stato di angoscia” che De Pace non è riuscito a controllare.
De Pace, dopo aver strangolato la ragazza in realtà, aveva chiamato i carabinieri e confessato l’omicidio. Ai militari aveva mostrato i polsi insanguinati con ferite superficiali. Dopo aver colpito la vittima alla fronte con un oggetto, tramortendola, l’uomo l’aveva immobilizzata e poi soffocata. Oltre a quella della premeditazione, la Procura contestava all’uomo ragazzo le aggravanti che avevano portato all’ergastolo poi annullato.