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18 Ottobre 2021, l’assalto con gli idranti ai portuali di Trieste. Tre anni dopo, una ferita ancora aperta

Pubblicato: 20/10/2024 17:54

Oggi, Domenica 18 Ottobre, si celebra un anniversario triste. Come ha scritto Raffaella Regoli nel suo libro “Sospesa“, fu un giorno terribile. “Fu uno dei simboli della ferocia dello Stato”, ha scritto la Regoli, “contro chi protestava in modo pacifico contro l’introduzione del Green Pass. Quella di Trieste è una ferita ancora viva in un Paese che non è riuscito a fare i conti con le discriminazioni introdotte dal passaporto sanitario”.

Parole che Regoli scrisse in occasione del primo anniversario dell’assalto con gli idranti contro i manifestanti inermi del Porto di Trieste, seduti o inginocchiati in preghiera. Un episodio fra il grottesco e l’inaccettabile, una manifestazione di violenza su cittadini che volevano solo – democraticamentemanifestare il loro dissenso.

Il racconto di Raffaella Regoli

Il getto di quegli idranti è ancora vivo nella memoria di molti. Così come le lacrime dei portuali, guidati da Stefano Puzzer, divenuto poi uno dei simboli della protesta. “Quando arriviamo, il varco IV non si vede più”, raccontava Raffaella Regoli, testimone diretta degli eventi.

“Dalle sue fauci sono usciti due grossi draghi sputa acqua, gli idranti della Polizia, da entrambi i lati. Dietro gli idranti, due file interminabili di blindati… Davanti agli idranti sono schierati centinaia di soldati in assetto antisommossa”.

Una scena di guerriglia

Una scena di guerriglia. Solo che non c’era nessuna guerriglia. La protesta dei portuali si era svolta sino a quel momento in maniera del tutto pacifica. E nonostante ciò che è successo dopo, pacifica è rimasta. La Regoli, con la sua penna acuta e pungente, racconta dei getti a pressione di acqua gelata che colpiscono persone inermi e indifese. Che non indietreggiano.

Uno di loro ne uscirà un timpano perforato. Ma nonostante questo, la folla continua ad aumentare. Molti cittadini arrivano a manifestare la loro solidarietà ai portuali. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, ma non nei telegiornali italiani, che le hanno semplicemente nascoste.

ll Rosario di Stefano Puzzer

“Qualcuno ha regalato a Puzzer un Rosario“, racconta ancora Raffaella nella sua cronaca, “e lui lo ha girato intorno al polso, facendolo passare per l’indice, perché non scivoli via… Pregano tutti a testa bassa… la Polizia non tratta più, è il momento di attaccare. Telecamere e giornalisti vengono allontanati“.

Le parole di Stefano diventano anch’esse un simbolo della protesta: “Non sto piangendo”, dice Puzzer, “sono solo triste, sono triste per tutte queste persone, perché questi sono i nostri diritti e non stiamo facendo nulla di male“. Poi, nel racconto della Regoli, il ricordo delle manganellate, del gas lacrimogeno, ancora getti d’acqua gelida dagli idranti.

Una ferita ancora aperta

Oggi sono passati tre anni. Molta gente ha voglia di dimenticare. Altri invece ricordano. Le divisioni instillate a forza nella popolazione, l’odio nei confronti dei cosiddetti no vax ma anche di chiunque osasse non allinearsi al pensiero dominante. E poi le discriminazioni, le liti, i tanti post sui social che compaiono ancora oggi. Tutto è mitigato, ma quei giorni non sono mai veramente passati.

Un’ombra è rimasta, una fastidiosa sensazione di ingiustizia. La convinzione di molti che le cose siano state gestite male, malissimo, e non solo a Trieste. E dietro ai getti gelidi degli idranti che colpirono una folla di persone – pacifiche al punto da non reagire mai, se non mostrando la pacifica determinazione di far sentire la propria voce – resta l’impressione che quel 21 Ottobre del 2021 qualcosa si ruppe nella nostra società democratica. E che quella ferita non sia mai stata veramente sanata.

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