
Negli ultimi dieci anni, Ginostra ha vissuto momenti estremamente difficili: due evacuazioni, una nel 1992 e un’altra nel 2002, oltre a eruzioni, incendi, piogge di lapilli, e persino un’invasione di capre selvatiche. L’ultimo colpo è stato un devastante nubifragio che ha colpito il villaggio pochi giorni fa. Nonostante tutte queste calamità, gli abitanti rimangono legati alla loro terra, lottando per preservare il villaggio e i sacrifici dei loro antenati. Con soli 30 residenti stabili, i Ginostresi rappresentano una comunità che sembra in via di estinzione e che necessita protezione, insieme al loro ambiente.
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Tra i simboli distrutti dall’ultima alluvione, uno dei più dolorosi è stata la perdita della nicchia di Sant’Antonio, collocata su una rupe che è stata trascinata in mare dal fango. Ora, la statua giace sommersa, ma una mano emerge dal fondo, come a voler offrire un segno di speranza alla comunità. Questa speranza è ciò che spinge i residenti a resistere, nonostante la lunga indifferenza e i ritardi della burocrazia, soprattutto da parte della politica locale, che negli anni ha alimentato rabbia e insicurezza.

Alcuni interventi sono stati avviati grazie alle azioni del precedente Governatore della Sicilia, Nello Musumeci, che nel 2019 ha permesso di mettere in sicurezza alcune aree cruciali. Tuttavia, molto resta da fare. I rischi per la popolazione continuano a crescere, e senza un piano concreto e immediato, Ginostra rischia di scomparire. Sebbene il Governo regionale abbia dichiarato lo stato di emergenza e alcuni deputati si siano attivati, i fondi sono insufficienti. Intanto, la comunità attende aiuti, mentre la statua di “Sant’Antonio degli abissi” sembra vegliare silenziosa sul destino del villaggio.