
Si è spento all’età di 102 anni Vittorio Mangili, uno dei più celebri e longevi giornalisti italiani, noto per il suo impegno come inviato speciale della Rai. Nato a Milano il 9 ottobre 1922, Mangili ha segnato profondamente la storia del giornalismo italiano, documentando alcuni dei momenti più significativi del XX secolo.
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Una carriera tra le pagine della storia
Durante la sua lunghissima carriera, Vittorio Mangili è stato testimone di eventi cruciali. Il suo nome rimarrà indissolubilmente legato a due avvenimenti fondamentali: l’insurrezione ungherese del 1956 e la successiva repressione sovietica. Le sue testimonianze, uniche nel loro genere, hanno rappresentato una finestra fondamentale per il mondo occidentale su uno degli episodi più drammatici della Guerra Fredda. Le sue immagini furono le sole a mostrare la brutale realtà della situazione, rendendolo un cronista ineguagliabile e coraggioso.
Il Vajont: una delle sue cronache più toccanti
Oltre alle vicende internazionali, Mangili è stato protagonista anche di cronache nazionali di grande impatto emotivo. Fu tra i primi giornalisti ad arrivare sul luogo del disastro della diga del Vajont, accaduto il 10 ottobre 1963. Quel giorno, la sua sensibilità giornalistica si scontrò con la drammaticità della tragedia. Celebre è rimasta la sua riflessione: “Come fai a domandare alle persone cosa provano?”. Un interrogativo che racchiude il rispetto e l’umanità con cui Mangili ha sempre affrontato il suo lavoro, mettendo al centro le persone e il loro dolore.
Un’eredità che va oltre le immagini
Vittorio Mangili non è stato solo un semplice cronista; il suo stile, caratterizzato da sobrietà e professionalità, ha formato generazioni di giornalisti. Attraverso il suo sguardo, milioni di telespettatori hanno potuto vivere eventi storici altrimenti lontani e inaccessibili. Le sue cronache, sempre precise e mai sensazionalistiche, sono un esempio di un modo di fare giornalismo che punta a informare senza spettacolarizzare.