
Nel 2024, il mondo ha già registrato 17 epidemie di malattie gravi, tra cui quelle provocate dal virus Marburg, dal vaiolo delle scimmie (Mpox) e da un nuovo ceppo di influenza aviaria. Questi eventi allarmano la comunità scientifica. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha descritto tali situazioni in un recente rapporto del Global Preparedness Monitoring Board, evidenziando la fragile esposizione del mondo alle pandemie e mettendo in guardia su una serie di rischi che aumentano la possibilità di nuove crisi sanitarie.
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Presentato durante il Summit mondiale della Salute a Berlino, il rapporto chiede un approccio cooperativo e delinea 15 fattori di rischio per le pandemie, suddivisi in cinque categorie: sociale, tecnologica, ambientale, economica e politica. Attualmente, l’epidemia di Mpox continua a colpire l’Africa, e i leader sanitari globali stanno esortando i governi a prendere misure immediate per fermare la propagazione del virus. Un articolo del Burnet Institute, pubblicato su PLOS Global Public Health, sottolinea come la negligenza abbia dato origine a un virus più pericoloso, che ora si sta diffondendo oltre i confini, mettendo in pericolo vite umane.
Secondo gli esperti, è evidente che quando il Clade 2b di Mpox ha sorpreso i Paesi sviluppati, dopo anni di ignoranza nei confronti dei casi africani, l’Oms ha dichiarato un’emergenza di sanità pubblica. In risposta, la comunità internazionale ha rapidamente fornito risorse per combattere l’epidemia, inclusi vaccini e trattamenti, coinvolgendo anche le comunità a rischio, come uomini gay e bisessuali. Tuttavia, due anni dopo, gli Stati africani, che continuano a essere minacciati da Mpox, sono stati trascurati. Nell’agosto del 2024, l’Oms ha nuovamente dichiarato un’emergenza per migliorare il coordinamento internazionale, ma gli scienziati avvertono che, nonostante alcuni progressi come le donazioni di vaccini e l’introduzione di test rapidi, le risposte rimangono insufficienti. Infatti, i vaccini sono ancora inaccessibili per molti, poiché vengono accumulati dai Paesi ricchi e le risorse per la sorveglianza e la diagnosi sono esigue.

L’epidemia ha colpito più comunità e si è diffusa anche tra le famiglie, inclusi i bambini. La preoccupazione maggiore risiede nella diffusione del Clade 1, con la Repubblica Democratica del Congo che ha registrato il maggior numero di casi, con segnalazioni in 18 Paesi africani, oltre a Svezia e Thailandia, a causa dei viaggi. Finora nel 2024, oltre 30.000 casi sospetti sono emersi nella regione, superando le cifre dell’anno precedente.
In contemporanea, il Clade 2 di Mpox sta aumentando, con l’Australia che, a agosto, ha riportato il secondo numero più alto di casi nel mondo, riaccendendo le preoccupazioni sanitarie. Brendan Crabb, direttore del Burnet Institute, ha affermato che “non è né giusto né sensato permettere a una malattia di espandersi senza controllo in Africa o tra le comunità vulnerabili ovunque.” Ha sottolineato che è un fallimento sia etico che sanitario non perseguire ogni sforzo per contenere l’Mpox. “La lezione del Covid ci ha insegnato che risposte eque e comunitarie sono cruciali per fermare le epidemie e prevenire le pandemie.”
Che misure possono essere adottate per invertire questa situazione? Gli esperti fanno appello all’Oms, agli Stati membri e ai leader globali affinché rispondano in modo efficace e coordinato, accelerando la ricerca per tutelare le popolazioni vulnerabili. Ribadiscono che “l’Mpox rappresenta una crescente crisi sanitaria in Africa e, senza interventi tempestivi, è probabile che si propaghi ulteriormente, coinvolgendo anche altri continenti.”
“È fondamentale che i governi, l’Oms e la comunità internazionale si impegnino al massimo per sostenere gli sforzi globali contro la diffusione dell’Mpox, specialmente dove la situazione è più critica, per ridurne l’impatto a livello locale e globale,” ha concluso Crabb. L’epidemiologo Pier Luigi Lopalco ha commentato l’urgenza della situazione, sottolineando che il richiamo lanciato dagli esperti non è solo una questione morale, ma una necessità per prevenire la diffusione di un nuovo virus. “Se i Paesi sviluppati non vogliono investire in Africa, dovrebbero farlo per proteggere la salute dei loro stessi cittadini,” ha affermato Lopalco, evidenziando la capacità mutativa del patogeno.