
Le foto del rider costretto a effettuare consegne nel bel mezzo dell’alluvione hanno fatto il giro dei social, tra lo stupore e lo sdegno degli utenti. Lui, senza rivelare il suo vero nome per paura di ripercussioni da parte dell’azienda, ha raccontato al Corriere della Sera la sua disavventura a Bologna, mentre un violentissimo nubifragio si abbatteva sulla città: «Non ho avuto paura. Ma in certi momenti me la sono vista brutta. Sono partito dalla periferia, ho cavalcato il ponte della stazione e poi mi sono spostato per tutto il centro. Ho visto intorno a me parecchie auto abbandonate nell’acqua, ma ho continuato a pedalare. Avevo l’acqua ai polpacci, ma questo è il mio lavoro. Non potevo fermarmi. Più consegne fai e più guadagni».
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«Ho lavorato otto ore. A pranzo e poi dalle 18.30 a mezzanotte e mezza. Ogni tanto mi fermavo per prendere fiato e assicurarmi che anche i colleghi che incrociavo stessero bene. I miei genitori che vivono in Pakistan sono anziani e malati, hanno bisogno di quei soldi. Mando quasi tutto quel che guadagno a casa. Così ho proseguito fino alla fine e domenica, quando mi sono svegliato, avevo 120 euro in tasca».
«La pioggia era veramente forte, ma a nessuno sembrava importare. Non ho ricevuto neanche una parola di incoraggiamento o una pacca sulla spalla. Figuriamoci la mancia. La gente pensa solo a sé». La Cgil ha presentato un esposto in Procra in merito all’accaduto: «Sarebbe bello potersi fermare quando le condizioni meteo sono avverse. Questo lavoro mi piace, è il primo che ho trovato quando sono arrivato in Italia un anno e mezzo fa e mi trovo bene con gli altri ragazzi. Collaboriamo. Il futuro? Vorrei restare in Italia e formare una famiglia. Se sente qualcuno che offre lavoro, mi chiami. Sono bravo anche con gli anziani».