Determinata e coraggiosa, non si arrende al ruolo di vittima silente e si presenta come un esempio per tutte le donne. Gisèle Pelicot è tornata in aula al processo contro l’ex marito che per 10 anni, secondo l’accusa, l’ha sedata per farla violentare da oltre 50 sconosciuti nella loro casa di Mazan, in Francia. Ha rinunciato al processo a porte chiuse Gisèle Pelicot, rendendo di fatto accessibile all’opinione pubblica uno dei dibattimenti che più ha sconvolto la Francia negli ultimi anni. Ha affermato: “Le vittime non devono vergognarsi. Che si vergognino gli stupratori.”
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Attualmente, più di 50 persone sono accusate di aver abusato di lei, approfittando della sua vulnerabilità. “Ho scelto di rinunciare alla riservatezza perché voglio cambiare questa società – ha affermato ieri la 71enne, che per la prima volta si è rivolta anche all’ex partner -. Voglio che le donne dicano: ‘Se ce l’ha fatta lei, possiamo farlo anche noi”.
“Non so come mi ricostruirò – ha ammesso la donna -. Non so come mi rialzerò dopo tutto questo. Per fortuna sono aiutata da uno psichiatra, ma mi serviranno ancora tanti anni. Presto ne avrò 72, non so se la vita mi basterà per rialzarmi”. Durante il suo intervento, la donna si è poi rivolta al marito, l’uomo che ha organizzato gli stupri per anni nell’abitazione di Marzan che condivideva con la vittima. “Abbiamo avuto dei figli e dei nipoti, pensavo che avrei finito la mia vita accanto a te – ha sottolineato -. La mia vita è stata distrutta. Come hai potuto tradirmi fino a questo punto? Come hai fatto a portare questi estranei nella nostra camera da letto?”.
Gisèle ha descritto come il marito nascondesse i farmaci nei pasti, rendendo difficile per lei riconoscere ciò che stava accadendo. “Spesso, quando c’era una partita di calcio in televisione, lo lasciavo a guardarla da solo. Poi mi portava il gelato a letto: il mio gusto preferito, lampone. E io pensavo: quanto sono fortunata”. Pelicot ha aggiunto che nel periodo in cui veniva sedata dal marito aveva frequenti vuoti di memoria ed era molto spossata, e che per questo motivo aveva sospettato di avere l’Alzheimer. Il marito assecondava questa sensazione, e l’aveva accompagnata a diverse visite neurologiche.
Riferendosi alle testimonianze di mogli, madri e sorelle degli imputati che, nelle scorse settimane, li avevano descritti come “uomini eccezionali”, Pelicot ha detto: “È proprio come la persona che avevo dentro casa. Perché uno stupratore non è soltanto qualcuno che incontri in un parcheggio buio a tarda notte. Lo puoi trovare anche in famiglia, tra gli amici”.