
Una donna è stata vittima di abusi prolungati e intensi all’interno della sua stessa famiglia, con violenze perpetrate non solo dal marito, ma anche dalla suocera e, tragicamente, dal figlio di appena 8 anni. “Non sei una madre, sei da buttare nel gabinetto,” è una delle tante frasi umilianti con cui è stata insultata. La sua storia racconta di maltrattamenti fisici e psicologici quotidiani, che l’hanno condotta infine a denunciare gli stessi familiari.
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Un episodio particolarmente drammatico, riportato da La Stampa, descrive come la vittima sia stata legata a una sedia, percossa e insultata. Durante l’abuso, la suocera 69enne non solo è rimasta impassibile, ma ha persino aiutato il figlio a trattenere la nuora e l’ha obbligata a chiedere perdono in ginocchio. In questa scena agghiacciante, il marito avrebbe persino incoraggiato il figlio a partecipare, istigandolo a tirare i capelli alla madre, colpirla e perfino cercare di strozzarla. Il bambino, senza comprendere appieno la portata delle sue azioni, ripeteva frasi di disprezzo contro la madre, aggiungendo al dramma della violenza una sfumatura ancora più straziante.
Violenza inaudita anche in gravidanza
Le vessazioni non si sono fermate qui: durante la seconda gravidanza della donna, il marito l’avrebbe colpita sull’addome, l’avrebbe scacciata da casa e costretta a dormire in macchina. I suoi beni personali venivano regolarmente distrutti, dalle chiavi dell’auto spezzate, alle scarpe bruciate, fino al giubbotto invernale gettato nel gabinetto.
Alla luce di queste atrocità, il pubblico ministero Antonella Barbera ha presentato accuse di maltrattamenti, lesioni e sequestro di persona contro il marito e la suocera, portando alla loro condanna a un anno e mezzo e a un anno di reclusione con rito abbreviato. La Procura ha descritto le “condizioni di vessazione fisica e morale insopportabili” in cui viveva la donna. Ora, con l’assistenza dell’avvocato Tiziana Porcu, la vittima ha ottenuto un risarcimento e ha ritirato la costituzione di parte civile, cercando di ricostruire una vita libera dalle violenze.