
Melissa Machado Russo si trova di fronte a un’accusa grave e dolorosa: omicidio volontario della propria neonata, avvenuto in circostanze scioccanti. L’accusa, supportata dalla giudice per le indagini preliminari Domenica Gambardella e dal sostituto procuratore Sergio Dini, ha portato alla convalida del fermo e alla decisione di disporre gli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori della donna, situata in provincia di Bari. La drammatica vicenda si è svolta nel contesto della foresteria del Serale Club, un locale dove la Russo avrebbe partorito in solitudine, scegliendo poi di disfarsi della neonata.
Durante l’udienza, Melissa Machado Russo ha scelto di non rispondere alle domande, mantenendo il silenzio. Al momento di mostrare una foto della bambina, la donna ha rifiutato, limitandosi a un freddo «no, non voglio». Un rifiuto che ha segnato l’intero procedimento e sottolineato l’assenza di comunicazione da parte della giovane.
Parallelamente all’accusa di omicidio, si è aperto un secondo filone d’indagine sul Serale Club. La struttura è ora sotto inchiesta per presunto sfruttamento della prostituzione, con i due nuovi gestori, un cittadino cinese e uno romeno, iscritti nel registro degli indagati. Le autorità cercano di capire se nel locale si svolgessero attività illecite che potrebbero aver indirettamente contribuito alla tragedia.
La storia di Melissa Machado Russo solleva interrogativi dolorosi su questioni sociali e personali, non solo sulla responsabilità individuale, ma anche su possibili condizioni di isolamento e disagio che potrebbero aver avuto un ruolo in questa tragedia.