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Con Trump sarà rivoluzione: guerre, clima, economia, cosa succede adesso

Pubblicato: 06/11/2024 12:57

Donald Trump ce l’ha fatta, ancora una volta, contro tutto e tutti. E se queste elezioni per il tycoon si sono concluse con un trionfo inatteso, almeno nelle proporzioni, è perché esiste uno scollamento sempre più marcato fra il mondo reale e le élite che credevano di poterlo controllare. The Donald ha vinto perché ha parlato alla pancia dell’America, ha saputo leggere le paure e i desideri del cuore del Paese, che non è a Hollywood o fra le tante star dello spettacolo che appoggiavano indistintamente Kamala Harris.

Si tratta di un meccanismo di difesa del corpo sociale contro politiche avvertite come dannose e pericolose per la stabilità personale ed economica. A partire dall’immigrazione irregolare per arrivare alla perdita di potere d’acquisto dei cittadini. Ed è anche il motivo della crescita dei partiti sovranisti in Europa. La demonizzazione non basta più, e nemmeno gli slogan. La gente vuole risposte, e se non le trova da una parte le cerca dall’altra.

Trump, è l’inizio di una rivoluzione?

Con la vittoria di Donald Trump e la sua elezione a 47esimo Presidente degli Stati Uniti, il mondo si interroga sugli effetti che avrà la sua ascesa sulla politica internazionale, soprattutto riguardo ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente. “Fermerò tutte le guerre”, ha detto il tycoon, e ha promesso soluzioni rapide e incisive per le crisi internazionali. Ma quali saranno le reali implicazioni di queste promesse?

Trump e la promessa di pace: il caso del Medio Oriente

Francesco d’Arrigo, direttore dell’Istituto italiano di studi strategici Niccolò Machiavelli, ha spiegato in un’intervista al Quotidiano Nazionale che la situazione in Medio Oriente potrebbe beneficiare dell’approccio trumpiano. “Sono abbastanza ottimista sul Medio Oriente”, ha dichiarato d’Arrigo, ricordando come, durante la sua precedente presidenza, Trump abbia dimostrato di considerare Israele un confine strategico per la difesa delle democrazie liberali, sostenendolo senza esitazioni. La vicinanza storica di Trump a Israele suggerisce una politica di appoggio ponderato che, per alcuni, alimenta speranze di maggiore stabilità nella regione.

Ucraina e Russia: un approccio più controverso

D’Arrigo evidenzia invece come la situazione in Ucraina sia più complessa. Trump in passato ha proposto di concedere a Putin alcuni dei territori occupati in cambio di una deterrenza più forte dell’Occidente, una posizione che, secondo l’analista, rappresenterebbe più una sconfitta che una vera pace. “Non si può chiamare pace,” sostiene d’Arrigo, “perché la pace si fonda sul principio del rule of law. Nessuno Stato dovrebbe poter aggredire una nazione più debole”. Una soluzione che consideri la cessione territoriale rischia di legittimare le azioni di Mosca, afferma l’analista, offrendo a Putin una vittoria politica più che militare e una situazione di apparente calma che rischierebbe di essere solo temporanea.

La reazione di Zelensky e la posizione del Cremlino

Il presidente ucraino Zelensky ha espresso il desiderio di collaborare con Trump, lodando il suo approccio di pace attraverso la forza. “Spero lo metteremo in pratica insieme”, ha dichiarato Zelensky, augurandosi una cooperazione che rafforzi la posizione dell’Ucraina sotto la leadership americana. Anche dal Cremlino sono arrivate parole prudenti. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha affermato che gli Stati Uniti “avendo partecipato direttamente al conflitto in Ucraina”, potrebbero essere in grado di cambiare la loro politica in modo da favorire una conclusione delle ostilità, anche se “questo non può avvenire dall’oggi al domani”.

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La questione climatica: ritorno allo scetticismo?

Un’altra grande incognita è rappresentata dall’approccio di Trump sul clima. Durante il suo primo mandato, il neo Presidente Usa ha dimostrato un netto scetticismo verso l’Accordo di Parigi, decidendo di uscirne. E ora ha lasciato intendere di voler proseguire su questa linea. Rivolgendosi scherzosamente a Robert Kennedy Jr., noto per le sue posizioni ambientaliste, Trump ha detto: “Lasciami il petrolio, Bobby.” Queste parole suggeriscono una politica energetica più favorevole ai combustibili fossili, che potrebbe portare a un netto cambiamento rispetto all’amministrazione precedente.

Economia e rapporto con l’Europa

Resta l’economia, con la promessa di Trump di garantire una nuova età dell’oro per l’America. Al di là degli slogan, questo significa in sostanza un maggiore protezionismo commerciale per opporsi al predominio cinese e alle conseguenze della globalizzazione, che stanno martoriando l’industria europea.

Trump vuole uscire da questa trappola, ma per farlo guarderà agli interessi del suo Paese. Le sue politiche sui dazi sono ben note, e da parte dell’Unione Europea ci vorrà un grande sforzo diplomatico per fare in modo che le decisioni del neo Presidente non danneggino pesantemente l’economia del Vecchio Continente – già in grande difficoltà, come dimostrano le crisi di Francia e Germania e il crollo dell’industria automobilistica.

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