Dopo 14 anni di misteri e indagini, il caso di Angelo Vassallo, il “sindaco pescatore” ucciso ad Acciaroli, riemerge con nuove rivelazioni e accuse. La magistratura di Salerno scopre una fitta rete di complicità e corruzione, con nomi che lasciano increduli. L’ordinanza di oltre 400 pagine della gip Annamaria Ferraiolo svela i dettagli di un delitto che potrebbe coinvolgere un colonnello dei carabinieri, imprenditori locali e un clan camorristico.
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Le intercettazioni del clan
«Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto», questa la frase che Romolo Ridosso, presunto esponente del clan Ridosso-Loreto, avrebbe pronunciato dopo l’omicidio. La sua convivente conferma la versione agli inquirenti: i dettagli del piano si sarebbero discussi in casa Ridosso. Tra i sospettati principali, emergono Romolo Ridosso, il colonnello Fabio Cagnazzo e il brigadiere Lazzaro Cioffi. A quanto riportano le indagini, Cagnazzo, secondo le accuse, avrebbe aiutato a coprire il traffico di droga locale e, con la sua “squadra”, contribuito alla pianificazione dell’omicidio.
Il colonnello Cagnazzo, secondo i documenti, avrebbe avuto un ruolo chiave anche nel depistaggio delle indagini. “Era lui il primo personaggio al quale si doveva fare riferimento per ogni cosa” afferma Ridosso, sostenendo che Cagnazzo gestiva le operazioni in cambio di pagamenti regolari da parte del clan. La sera dell’omicidio, il colonnello era presente ad Acciaroli, ufficialmente a cena con amici, ma si allontanò dal ristorante per 23 minuti. Dai tabulati telefonici si scopre che durante quell’intervallo gli amici cercarono di contattarlo. Lui disse di aver incontrato sua figlia, ma l’ex moglie nega: “Quella sera io e mia figlia eravamo a Napoli”.
Il ruolo di Cagnazzo
Dalle nuove dichiarazioni emerge anche l’ex compagno di cella di Ridosso, Eugenio D’Atri, che rivela altri particolari inquietanti: “Il delitto era stato organizzato da Cagnazzo nei minimi particolari, dalla fase esecutiva sino al depistaggio”. Proprio D’Atri afferma che Ridosso e Cagnazzo avevano frequentato la famiglia Vassallo, stabilendo un’amicizia sospetta. Cagnazzo, per esempio, si era fatto vedere vicino alla famiglia del sindaco, cercando di apparire come “un amico fidato” e, secondo gli inquirenti, avrebbe deviato le indagini su un presunto colpevole, Bruno Humberto Damiani, poi scagionato.
Il caso Vassallo, che sembrava essersi chiuso senza risposte, adesso torna al centro delle cronache. Le parole del figlio di Vassallo, Antonio, sono nette: “Per me non è finita: voglio sapere chi tradì mio padre”. Una ferita aperta per tutta la comunità di Acciaroli e per i familiari, che continuano a chiedere verità e giustizia per il sindaco-pescatore.