Una bambina di soli 8 mesi, affetta da una malformazione cardiaca, è morta dopo aver atteso invano una visita specialistica urgente, richiesta dal pediatra. Il medico prescrisse l’esame con urgenza, indicando una scadenza di 10 giorni. La visita, però, era per 6 mesi più tardi. Dopo dieci anni di battaglie legali, il tribunale civile di Perugia ha condannato l’azienda sanitaria Umbria 2 a risarcire i genitori, riconoscendo che la mancata diagnosi tempestiva aveva ridotto le possibilità di sopravvivenza della piccola.
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Una richiesta urgente ignorata
La vicenda risale al 2011. Alla neonata, con un soffio al cuore diagnosticato fin dalla nascita, viene prescritto un ecocardiogramma pediatrico urgente. La famiglia si rivolge immediatamente al Cup per fissare la visita, ma ottiene come data disponibile solo il settembre successivo, a distanza di 6 mesi. Nonostante i ripetuti solleciti e le insistenze del pediatra, che si mette anche in contatto diretto con il reparto cardiologico, l’ospedale non riesce a fornire una visita anticipata. Il cardiologo si mostra disposto a effettuare l’esame, ma, quando la famiglia si presenta in ospedale, il personale rimanda tutti a casa, invitando i genitori a tornare nel giorno fissato.
Un nuovo tentativo si rivela altrettanto inutile. La Asl indica addirittura il gennaio 2012 come nuova data, ma, all’inizio di giugno, la bambina peggiora improvvisamente. La corsa in ospedale si conclude con la notizia più dolorosa per la famiglia: la piccola muore poche ore dopo.
La sentenza dopo 13 anni: “Violato il patto tra cittadini e Sanità”
I genitori, assistiti dagli avvocati Pasquale Perticaro e Mariella Billi, intraprendono una lunga battaglia legale per ottenere giustizia. Il tribunale civile di Perugia stabilisce che la mancata visita ha privato la bimba della possibilità di una diagnosi e di cure tempestive, elemento che ha inciso sulle sue chance di sopravvivenza. “Si è violato il patto tra cittadini e sanità pubblica”, affermano i giudici. Secondo la sentenza, infatti, quando una struttura sanitaria non è in grado di offrire una prestazione urgente, avrebbe il dovere di garantire ai cittadini l’accesso a visite in strutture convenzionate esterne, senza costi aggiuntivi.
La Asl Umbria 2 dovrà ora risarcire i genitori della piccola, mentre la richiesta di risarcimento verso l’azienda sanitaria di Perugia è stata respinta.