Renato Caiafa, 19 anni, resta in carcere dopo la decisione del gip di Napoli. Nessuna convalida del fermo, ma il giudice dispone comunque la detenzione. L’accusa riguarda il possesso e la ricettazione dell’arma con cui il giovane ha sparato per errore al cugino e amico Arcangelo Correra. «La pistola l’ho trovata sotto un’auto, all’improvviso è partito il colpo», dichiara Caiafa, spiegando che non sapeva se l’arma fosse vera o falsa. La sua versione racconta una fatalità: uno sparo accidentale mentre il gruppo rientrava da una serata trascorsa insieme.
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La tragedia e le ultime parole di Arcangelo
Secondo il racconto, Caiafa, Arcangelo Correra e un altro amico avevano trascorso la serata nella zona dei baretti di Chiaia. Rientrati verso le quattro e mezza del mattino, avrebbero trovato una pistola appoggiata sulla ruota di un’auto in piazzetta Sedil Capuano. «Appena l’ho impugnata è partito il colpo», racconta Caiafa, che si è accorto del sangue e ha portato subito Arcangelo in ospedale. Durante la corsa, Arcangelo, ferito alla testa, avrebbe sussurrato al cugino: «Renato, non mi lasciare», stringendogli la mano.
La difesa di Caiafa: “Addolorato ma non pentito”
L’avvocato di Caiafa descrive il ragazzo come profondamente scosso da quanto accaduto. «Non userei il termine pentito», chiarisce il legale, «perché pentimento implica volontà, e questo è stato un incidente». Caiafa, dopo l’accaduto, si è consegnato spontaneamente alla Questura, su consiglio di una zia.
I dubbi degli inquirenti
Gli inquirenti restano perplessi. Tanti dettagli non convincono, e la dinamica del ritrovamento della pistola suscita interrogativi. Chi ha lasciato quell’arma calibro 9X21 sotto un’auto in una zona di passaggio? Inoltre, la Polizia Scientifica ha rinvenuto a terra un proiettile di calibro diverso rispetto all’arma usata per il colpo mortale. Da dove proviene? Chi lo deteneva? La polizia e la Procura cercano risposte a queste domande, che gettano ombre sulla versione di Caiafa.
Un gioco finito in tragedia
Durante l’interrogatorio, Caiafa racconta di aver “scarrellato” la pistola, senza rendersene conto, e il colpo è partito. “Giocavano”, dice, senza immaginare le conseguenze drammatiche. La corsa disperata in ospedale non è servita. Ora i familiari chiedono giustizia e chiarezza.