Un terremoto politico scuote il governo dopo la sentenza della Corte costituzionale, che ha demolito il disegno di legge sull’autonomia differenziata, targato Calderoli. La reazione del vicepremier Matteo Salvini è immediata: rilanciare subito il ddl in Parlamento e avvertire la premier Giorgia Meloni che, senza autonomia, anche il progetto di riforma sul premierato rischia di naufragare.
Salvini: “Autonomia prima di tutto”
Durante un incontro con Meloni in Umbria, Salvini ha ribadito la sua posizione: «Le riforme dell’autonomia e del premierato camminano insieme». Il leader della Lega, determinato a procedere rapidamente, non intende aspettare. «L’autonomia ha tempi più rapidi, è prevista dalla Costituzione», avrebbe sottolineato, confermando la priorità del Carroccio.
Anche il viceministro Claudio Durigon conferma la linea dura: «Torniamo subito in Parlamento per modificare le norme impugnate dalla Consulta e andiamo avanti». Ma il pressing leghista potrebbe mettere a rischio la stabilità del governo, già impegnato in un difficile equilibrio sulle riforme costituzionali.
Meloni tra autonomia, premierato e giustizia
Per la premier Meloni, il dossier autonomie è solo uno dei tasselli di un mosaico complesso che include anche il premierato e la riforma della giustizia con la separazione delle carriere dei magistrati. Tuttavia, il rischio di nuove tensioni con la base elettorale e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella induce la leader di Fratelli d’Italia a maggiore prudenza.
La strategia di Meloni sembra orientata verso un rallentamento dei tempi sull’autonomia e una possibile mitigazione delle misure per evitare contraccolpi nel Mezzogiorno. Ma questa scelta potrebbe complicare ulteriormente il cammino del premierato, che necessita di tre letture parlamentari e di un referendum previsto per il 2026, da evitare a ridosso delle politiche del 2027.
Tajani prende le distanze
Nel frattempo, il vicepremier Antonio Tajani di Forza Italia si smarca dalle tensioni interne. Commentando la sentenza della Consulta, ha osservato con una certa soddisfazione che i rilievi dei giudici costituzionali coincidono con quelli già sollevati dal suo partito. Una posizione che potrebbe rappresentare una presa di distanza strategica dalle iniziative più divisive della coalizione.
Il rischio di un “puzzle irrisolvibile”
Con la separazione delle carriere che slitta al 2024, il premierato a rischio di rallentamenti e l’autonomia in un vicolo cieco, il governo affronta un momento critico. La cosiddetta “crisi delle riforme” non solo mette alla prova la tenuta della maggioranza, ma solleva dubbi sulla capacità dell’esecutivo di portare a termine il suo ambizioso programma istituzionale.