Gianluigi Buffon, leggenda del calcio italiano, si è raccontato senza filtri in un’intervista al Corriere della Sera con Aldo Cazzullo. Tra momenti di gloria sportiva e profonde crisi personali, l’ex portiere ha svelato il suo lato più intimo, parlando della battaglia contro la depressione, della passione per la pittura e delle polemiche che lo hanno visto protagonista negli anni.
La lotta contro la depressione: “Il vuoto mi ha travolto”
Nonostante i successi sul campo, Buffon ha vissuto un periodo segnato dall’oscurità interiore. Dopo aver conquistato due scudetti consecutivi con la Juventus “mi si spalancò davanti il vuoto. Dopo l’up, il down. La notte dormivo male, l’ansia mi prendeva appena mi coricavo. In campo sentivo una pressione al petto: pensavo che non sarei riuscito a giocare”.
La diagnosi fu chiara: depressione. Buffon scelse comunque di non affidarsi ai farmaci, temendo la dipendenza, e affrontò la situazione con il supporto di una psicoterapeuta: “Ci sono andato tre o quattro volte. Mi diede un consiglio prezioso: coltivare nuovi interessi, per non essere schiavo solo del calcio”.
L’arte come salvezza: il colpo di fulmine con Chagall
Seguendo quel suggerimento, Buffon trovò un’insperata via di fuga nell’arte. La scintilla scoccò a Torino, durante una visita alla Galleria d’arte moderna: “C’era una mostra di Chagall. Davanti a La Passeggiata rimasi fermo per un’ora. Il giorno dopo tornai. La cassiera mi disse: ‘È la stessa mostra di ieri’. Le risposi: ‘Lo so, ma voglio rivederla’”. Quella passione lo aiutò a spostare il focus dalla pressione calcistica, offrendogli uno spazio in cui respirare e riflettere.
La politica e le polemiche: “Non sono fascista, sono anarchico conservatore”
Buffon ha anche affrontato due episodi del passato che lo hanno trascinato in controversie politiche: il numero 88 sulla maglia, associato al nazismo, e la frase “Boia chi molla“, legata al fascismo. Con schiettezza, ha spiegato: “Non sapevo che l’88 ricordasse Heil Hitler. Per me significava avere quattro palle. E nemmeno che Boia chi molla fosse un motto fascista. Io non sono fascista, né razzista“.
Buffon si definisce invece un “anarchico conservatore“, un’identità legata alle sue radici carraresi: “Carrara è terra di anarchici. Credo nella libertà sopra ogni cosa. Ho dato a mio figlio il nome Louis Thomas in onore di Thomas N’Kono, il mio idolo d’infanzia. Ho sempre cercato di vivere senza compromessi”.
Un uomo che cade e si rialza
Buffon non è solo una leggenda dello sport, ma anche un esempio di crescita. La sua autobiografia, “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”, scritta con Mario Desiati, racconta proprio il percorso di un uomo che, tra le luci e le ombre della vita, ha saputo trovare la forza di reinventarsi e ripartire ogni volta.