Dello stato di salute dell’elettrico si sta discutendo molto. Ma un segnale inequivocabile arriva dalla richiesta di bancarotta assistita da parte dell’azienda svedese Northvolt, costruttore di batterie per auto elettriche che negli Stati Uniti ha chiesto di essere ammessa al Chapter 11. La bomba è dunque esplosa formalmente negli Usa, ma le conseguenze peggiori, presumibilmente, saranno proprio in Europa. Siccome piove sul bagnato, si è anche dimesso l’amministratore delegato Peter Carlsson. Come ricostruisce Alessandro Conti sulla Gazzetta dello Sport, dal 2016 la start-up ha raccolto qualcosa come 15 miliardi di euro. Nella richiesta di bancarotta Northvolt ha dichiarato 5,8 miliardi di debiti. L’azienda svedese ha detto di avere ora bisogno di circa 1-1,2 miliardi di dollari di nuovi fondi per effettuare la ristrutturazione e l’auspicio è di terminare l’operazione entro marzo.
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Ad oggi in Europa è attiva una sola fabbrica di Northvolt in Svezia a Skelleftea ed è rimandata la messa in opera di quella di Goteborg sempre in Svezia (50 gWh). Come spiega ancora Conti, di fatto le attuali fabbriche di batterie auto più grandi per volumi in Europa sono quelle della sudcoreana LG in Polonia a Wroclaw (86 gWh) e, fuori dai confini dell’Unione europea, la norvegese Morrow con il suo impianto ad Arendal da 32 gWh. Acc, la joint venture tra Stellantis, Mercedes e Total ha avviato un solo impianto a Douvrin in Francia con una capacità di 13 gWh. C’è poi l’impianto di Tesla in Germania a Grunheide. Secondo quando riporta Reuters le aziende cinesi controllano l’85% della produzione mondiale delle celle delle batterie: sono dunque 15 le nuove fabbriche di batterie solo pianificate in Europa.