La sbandierata “rivoluzione globalista” si sta avvitando in una crisi senza fine in particolare in Germania, con ripercussioni gravi per tutta l’Europa e, soprattutto, per i lavoratori. Le industrie non reggono più i costi energetici e mettono in atto licenziamenti e delocalizzazioni sempre più frequenti, che spostano la produzione soprattutto nel Sud Est asiatico. Ma questo si riflette in modo drammatico sulla tenuta dell’economia europea e sulla possibilità dei cittadini di avere un lavoro sicuro e uno stipendio.
Ora è l’industria dell’acciaio tedesca a tremare: Thyssenkrupp, uno dei colossi del settore, ha annunciato un piano di ristrutturazione drammatico, che prevede il taglio di 5.000 posti di lavoro entro il 2030 e la perdita di ulteriori 6.000 dipendenti a causa di esternalizzazioni e vendite di rami aziendali. Questo intervento segue il calo significativo della produzione di acciaio e punta a garantire la competitività del gruppo in uno scenario economico sempre più complesso. Ma a farne le spese, come sempre, sono i cittadini europei.
Le ragioni del piano: calo della produzione e concorrenza cinese
Alla base del piano di ridimensionamento c’è una drastica contrazione della produzione di acciaio. Dai 11,5 milioni di tonnellate annue attuali, si prevede che il volume scenderà a 8,7-9 milioni di tonnellate nei prossimi anni. Thyssenkrupp attribuisce questa situazione alla crescente pressione sui costi energetici in Germania, legata anche alla rinuncia al gas russo a basso costo e alla competizione incalzante dell’acciaio cinese, che domina il mercato globale con prezzi inferiori.
Dennis Grimm, membro del consiglio di amministrazione di Thyssenkrupp Steel Europe, ha dichiarato che per affrontare il futuro è necessaria l’ottimizzazione e la razionalizzazione della rete di produzione e dei processi. A questa misura si aggiunge la decisione di ridurre del 10% i compensi medi dei dipendenti, una mossa simile a quella adottata recentemente dal colosso automobilistico Volkswagen.
Sindacati sul piede di guerra
Le reazioni dei rappresentanti sindacali sono durissime. La sigla IG Metall, la più grande organizzazione sindacale tedesca del settore, ha definito il piano una dichiarazione di guerra nei confronti dei lavoratori. Nella sua dichiarazione, IG Metall sottolinea che le stesse persone che accusavano il sindacato di allarmismo ora vogliono attuare misure ancora peggiori.
La riduzione dei dipendenti, che passeranno dagli attuali 27.000 a circa 16.000 nell’arco di sei anni, ha generato forte indignazione. Il sindacato accusa l’azienda di non aver cercato soluzioni alternative e di aver ignorato gli avvertimenti precedenti sui rischi occupazionali. Il piano di ristrutturazione prevede anche misure drastiche come la chiusura dello stabilimento di Kreuztal-Eichen, in Nord Reno Westfalia, che occupa circa 1.000 persone, e la vendita della partecipazione del 60% di HKM, un altro importante ramo aziendale.
Un futuro incerto
Thyssenkrupp sostiene che il piano rappresenti solo una base per avviare il dialogo con le rappresentanze sindacali, ma il clima appare tutt’altro che collaborativo. La crisi dell’acciaio in Germania mette in evidenza le difficoltà di un settore storico, che ora deve fare i conti con un panorama globale negativo. Per i lavoratori, il futuro appare quanto mai incerto.