La Champions League non è solo una competizione calcistica, ma anche uno scenario in cui talvolta si intrecciano geopolitica e sport. Durante il match tra Monaco e Benfica, disputato allo Stade Louis-II, un gesto carico di significato ha catturato l’attenzione dei tifosi e dei media. Anatoliy Trubin, il portiere ucraino del Benfica, ha rifiutato di stringere la mano ad Aleksandr Golovin, centrocampista russo della squadra francese, nel consueto scambio di cortesie pre-partita.
Il gesto, sebbene non ostentato, ha subito attirato l’attenzione a causa del contesto che lo rendeva particolarmente simbolico, visto che Ucraina e Russia sono in guerra da più di due anni. Trubin, che ha vissuto sulla sua pelle le devastazioni del conflitto, non ha mai nascosto il suo supporto per il popolo ucraino. Questo atteggiamento si riflette anche nei suoi comportamenti pubblici, come la condivisione su Instagram della frase “Slava Ukraini” (“Gloria all’Ucraina“) dopo la vittoria del Benfica.
Golovin, dal canto suo, non ha mai preso posizione pubblicamente contro l’invasione russa, né ha condannato le azioni del suo Paese. Il rifiuto di Trubin è apparso come un gesto potente, e la reazione di Golovin è stata di sorpresa e discrezione, con il calciatore russo che ha semplicemente osservato Trubin mentre passava senza salutarlo.
A volte lo sport, e in particolare il calcio, diventa anche veicolo di messaggi politici e sociali. Il gesto di Trubin non è stato accompagnato da dichiarazioni esplicite, ma il suo messaggio è arrivato chiaro e forte. E dimostra come sia difficile, dopo anni di guerra, tornare alla normalità, anche in ambiti che con il conflitto non hanno apparentemente a che fare.