
Bagni in marmo, rubinetti dorati, vasche idromassaggio, divani e letti damascati, pareti attrezzate con smart TV, cucine super moderne, statue e mobili di pregio: queste le immagini degli interni di alcune delle 36 case popolari sgomberate pochi giorni fa a Caivano, in provincia di Napoli. Le abitazioni, secondo le indagini, erano occupate da persone prive di diritto, sia per motivi di reddito sia per legami con la criminalità organizzata, risultando affiliate o vicine alla camorra.
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A denunciare la situazione e pubblicare le foto è stato il quotidiano Libero, con un titolo emblematico: “Le case extralusso dei camorristi rossi”. Tra i dettagli che hanno fatto scalpore, il ritrovamento di una bandiera rossa con falce e martello, un simbolo che contrasta ironicamente con le condizioni degli sgomberati.
“Lungi dall’essere poveri o comunisti perseguitati”, si legge nell’articolo, “gli occupanti vivevano nell’illegalità, rappresentando l’essenza dell’anti-Stato“. Lo sgombero rappresenta un’azione significativa contro l’appropriazione indebita di beni pubblici da parte di individui legati alla criminalità, in un contesto che mette in evidenza il contrasto tra il degrado sociale e il lusso ostentato di alcune famiglie.