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Dalle stelle alle Stellantis: l’autogol del licenziamento di Tavares

Pubblicato: 03/12/2024 14:06

La crisi dell’auto è europea, ma noi italiani ci mettiamo del nostro. Come sempre in Italia le crisi vengono da lontano, dalla prematura scomparsa dell’uomo che aveva salvato la vecchia Fiat, Sergio Marchionne, e l’aveva internazionalizzata. Marchigiane seppur manager di formazione estera capiva l’italianità della Fiat, il suo brand, e i rapporti con questo paese. Tavares no, per niente, un alieno a Mirafiori. D’altra parte ormai solo 40.000 su 200.000 sono gli addetti italiani del gruppo, ed in Italia a parte alcuni stabilimenti non c’è nulla, tra la sede finanziaria a Londra e quella legale ed amministrativa in Olanda, in Italia rimangono o “cipputi” e qualche caposquadra. Anche il comitato esecutivo che ha preso il posto del Ceo ha solo un italiano e non è John Elkan che per metà è francese. Innescare una crisi di comando durante una crisi di settore o è fantasia al potere o non capiamo cos’è. L’automotive tedesco marcia a tappe forzate contro il muro dei crash test, la Volkswagen comincia a licenziare, le Bmw elettriche hanno ordinazioni solo dai miliardari cinesi, che dominando l’elettrico se la ridono a tutte batterie, e noi licenziamo Tavares dopo averlo appena rinnovato, così da consentirgli liquidazione da finanziaria dello Stato? E tutto questo senza un piano B come Bravo? 

Licenziare un Ceo, crollare in borsa, dare il potere ad Elkann che non ha certo la tempra da marinaio nei flutti del grande nonno Gianni non è una magnifica idea. L’Avvocato Agnelli, almeno, con la sua ineffabile classe avrebbe tirato fuori una battuta da far calmare i mercati, avrebbe dipinto un orizzonte, forse avrebbe detto che questa crisi sarebbe stata “solo una ruga” da aggiungere al suo fascino ineluttabile. John Elkan non ha guidato mai niente, se non casseforti finanziarie, e qualche carta testamentaria contestata da sua madre. C’è la farà a guidare il vascello in tempesta prima di trovare un altro skipper? E soprattutto per dove? 

Il mercato americano, che è il più grosso per Stellantis, marchio che sa di cooperativa di pulizie e non fa brand, sembra che non abbia gradito i nuovi modelli, non hanno presa ed appeal commerciale. In Marocco producono la Topolino, oltre alle auto della parte francese di Stellantis, ma la vendono ad un prezzo da cisto del lavoro italiano. Certo che con queste genialità di dislocare per ridurre i prezzi ed aumentare i listini è un miracolo che vendano auto in Europa. Ma non c’è solo Elkan tra l’allucinato ed il confuso. Il governo italiano, il ministro al Made in Italy, e non più alle attività produttive, Adolfo Urso, che stava attenzionando? Forse meno vetrine e più tavoli tecnici di analisi delle crisi e dei cambiamenti gioverebbe anche se di poco fascino. Cambiare il nome del Ministero delle attività produttive con Made in Italy sa di operazione di qualcuno che non si voglia sporcare le mani con il grasso dei motori, ma si occupi solo della parte vendita, dove ci sono Ferrari scintillanti ed hostess a go gò. Solo che per vendere prima bisogna produrre, e soprattutto sapere cosa. Perché il problema è l’analisi di uno scenario sempre più competitivo, con pochissime costanti ed un numero di variabili da AI. Il problema è europeo, d’accordo, ma quando si apre questo tavolo di crisi, se non lo chiediamo, aspettiamo che passi la nottata? La Germania è stata sorpresa dalla guerra ad est dei suoi confino mentre era in transizione strabica. Da una parte le sue aziende di punta miravano ad un elettrico di alta gamma, con poca vendibilità mondiale, dall’altro sperimentavano l’idrogeno. Ma noi che siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa su cosa puntiamo? Quale è la nostra ricetta per il futuro? A parte comprarci utilitarie cinesi. Fiat con il cambio di sedi e nome sembrava andare verso le stelle, ma finire alle stalle è un attimo. 

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Ultimo Aggiornamento: 03/12/2024 14:22

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