“Se migliaia di messaggi e 75 coltellate non bastano a far riconoscere lo stalking e la brutalità, allora devo comprendere cosa siano realmente queste aggravanti”. Per Gino, il padre di Giulia Cecchettin, la condanna all’ergastolo di Filippo Turetta rappresenta un duro colpo ma proprio in queste ore è esplosa la rabbia di tanti utenti sui social, che non hanno accettato l’idea del mancato riconoscimento delle aggravanti di crudeltà e premeditazione: “Una follia” hanno scritto in molti, sottolineando la dinamica, orribile, dell’omicidio e la sua preparazione.
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È vero, la giustizia è stata fatta per sua figlia, assassinata dal suo ex a soli 22 anni. Tuttavia, nulla potrà restituirle la vita e la lotta contro la violenza di genere non si combatte solo con le pene, ma attraverso l’educazione. Per questo motivo, oggi, 4 dicembre, incontrerà il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, per portare avanti il progetto della Fondazione Giulia Cecchettin nelle scuole. “I femminicidi non si fermeranno con le sentenze, ma solo con il rispetto per la vita altrui”.
“Non mi aspetto scuse, il mio cammino è un altro. Ho perso tutto e continuerò con il mio percorso”, afferma ancora Gino Cecchettin, lanciando un appello: “Oggi è stata una tappa importante per rispettare le leggi che ci siamo dati come società e ora dobbiamo guardare avanti, sperando di non doverci più trovare qui con altri padri o giornalisti. Aiutateci in questo percorso, c’è tanto da fare”.
Riguardo al perdono, Gino sente che non è ancora il momento. “Perdonare è difficile, il dolore è ancora troppo forte”, spiega. “Il perdono è un processo. Chi riesce a perdonare possiede un dono speciale. Questi doni si ottengono per natura o raggiungendo un livello di civiltà così alto da fare un salto di qualità come persona. Questo salto lo devo ancora compiere”.
“Non ho competenze legali, quindi non posso giudicare se la pena sia giusta o meno. Ma per quel che so – precisa Cecchettin – c’erano elementi di premeditazione, crudeltà e lo stalking è indiscutibile. Potrei anche affermare che ci sono stati motivi abietti. Se non consideriamo stalking migliaia di messaggi e 75 coltellate come segni di crudeltà, mi chiedo cosa possano significare queste aggravanti. Aspettiamo di vedere come sarà motivata la sentenza”.
Giustizia è stata davvero realizzata? “Sì, senza dubbio. Ma per me nulla cambia: domani mi sveglierò come ieri, sempre con lo stesso sentimento: mi manca una parte della mia famiglia, un dolore che accompagna ogni giorno. La mia sensazione è che abbiamo perso tutti”.
“In quei giorni eravamo felici, vivevamo in tranquillità. Ma nel frattempo, qualcuno stava tramando un femminicidio. È terribile scoprire queste verità dopo. Ho cercato di restare distante dai dettagli per non soffrire. In aula ho sentito rivelazioni che non conoscevo. L’efferatezza del gesto mi ha colpito profondamente“, racconta ancora Cecchettin. Condivide anche i suoi sensi di colpa: “Non avevo colto i segnali. Un padre dovrebbe proteggere i propri figli, ma quando vivi nella normalità e nella serenità, non ti vengono in mente certi dubbi. Giulia non mi aveva mai avvertito di nulla, nonostante le mie raccomandazioni. Notava solo una certa insistenza da parte di Filippo, ma nulla di preoccupante. Lui, però, era andato ben oltre il limite… Quella sera l’aveva accompagnata a casa e lei era lì, a soli cento metri; ci penso ogni giorno”.