La Wada, l’agenzia mondiale antidoping, è di nuovo travolta dalle polemiche. Dopo lo scandalo legato a 23 nuotatori cinesi risultati positivi ai test antidoping alle Olimpiadi e mai puniti, emergono ora nuove informazioni sull’apparente tolleranza dell’agenzia verso gli atleti di alcune nazioni e verso il vero doping.
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Mentre atleti che non hanno beneficiato di alcun vantaggio e che sono vittime di contaminazioni minime e casuali da sostanze proibite, come il nostro Jannik Sinner, vengono perseguiti oltre ogni buon senso e logica. Questo doppio standard sta generando perplessità e alimenta la sensazione che la Wada abbia perso di vista il suo ruolo.
Il rapporto segreto e il doping cinese
Nel 2020, un’unità investigativa interna aveva avvertito la Wada su un programma sistematico di doping in Cina, che includeva l’uso di trimetazidina per migliorare resistenza e recupero degli atleti. Eppure, invece di approfondire l’indagine, l’agenzia ha scelto di accettare la spiegazione cinese di una presunta contaminazione alimentare. A distanza di sette mesi, sono emersi 23 casi di positività, che hanno coinvolto atleti come Zhang Yufei, vincitore di sei medaglie a Parigi 2024. Tuttavia, la Wada ha deciso di insabbiare il caso, escludendo il proprio team investigativo.
La vicenda Sinner: un accanimento immotivato
Nel caso di Sinner, invece, la Wada ha assunto una posizione diametralmente opposta. Nonostante il tennista italiano sia stato assolto da un tribunale indipendente, l’agenzia ha deciso di presentare ricorso, ignorando che la quantità di sostanza rilevata fosse infinitesimale e derivante da contaminazione accidentale. Questo accanimento appare sproporzionato rispetto alla gestione ben più indulgente riservata ai nuotatori cinesi.
Una credibilità compromessa
Le contraddizioni della Wada sono state evidenziate anche dal suo direttore generale, Oliver Niggli, che ha recentemente dichiarato la necessità di rivedere le norme per evitare ulteriori casi simili. Per molti, l’agenzia dovrebbe tornare a combattere il doping su larga scala, invece di inseguire visibilità tramite casi minori e controversi. Perché è più facile “perseguitare” singoli atleti palesemente innocenti dall’aver usato doping, come Iga Swiatek e Jannik Sinner, piuttosto che occuparsi di chi del doping fa uso in modo massiccio.