Marc Guehi, difensore del Crystal Palace e della Nazionale inglese, è al centro di una polemica che mette in discussione i limiti tra inclusività e libertà personale. Durante il match contro il Newcastle, terminato 1-1 nella 13ª giornata di Premier League, Guehi ha indossato la fascia arcobaleno, come richiesto dalla campagna Rainbow Laces della Premier League a sostegno della comunità LGBTQ+. Il giocatore ha deciso però di personalizzarla scrivendo a mano la frase “I love Jesus“.
La Football Association (FA) ha aperto un’indagine sull’accaduto, sostenendo che il messaggio di Guehi violerebbe il regolamento che proibisce “dichiarazioni o immagini politiche, religiose o personali“. Nonostante il rischio di una sanzione esemplare, il difensore ha ribadito il suo gesto anche nel match successivo contro l’Ipswich (il cui capitano ha rifiutato di indossare le fascia arcobaleno), scrivendo questa volta “Gesù ti ama“, accompagnato da un cuore.
Il supporto del club e il commento del tecnico
Oliver Glasner, allenatore del Crystal Palace, ha difeso Guehi, definendolo un uomo maturo e rispettoso. “È un ragazzo fantastico, molto umile. Ha la sua opinione e noi la rispettiamo“, ha dichiarato Glasner, invitando a non ingigantire la questione.
Il dibattito si è però ampliato. La campagna Rainbow Laces, promossa da Stonewall, punta a sensibilizzare il mondo del calcio sull’importanza dell’inclusività e dell’accettazione nella comunità LGBTQ+. La decisione di Guehi ha evidenziato le difficoltà di bilanciare l’obbligo di sostenere iniziative sociali con il rispetto per le convinzioni religiose e personali degli atleti.
Un caso che divide
La vicenda di Guehi ha sollevato opinioni contrastanti. Da un lato, c’è chi sostiene che i calciatori abbiano il diritto di esprimere le proprie credenze, purché nel rispetto degli altri. Dall’altro, c’è chi ritiene che la personalizzazione della fascia sia un gesto che devia dall’intento della campagna, rischiando di polarizzare un’iniziativa volta all’inclusività.
Al momento, la FA non ha ancora specificato le eventuali sanzioni che potrebbero essere inflitte al giocatore, ma sembra certo che arriverà almeno una multa. E qualcuno ha parlato di “punizione esemplare“. Il caso apre un interrogativo più ampio sul ruolo delle istituzioni calcistiche nel gestire situazioni simili. È possibile promuovere un messaggio inclusivo senza limitare la libertà di espressione individuale?
Resta da vedere come si evolverà la vicenda, ma una cosa è certa: il gesto di Marc Guehi ha acceso una discussione che va oltre il campo da gioco, toccando temi di rispetto, religione e identità.