La Corte Penale Internazionale, con sede all’Aja, ha dichiarato che tutti i Paesi che ne fanno parte, inclusa la Francia, devono eseguire i mandati di arresto emessi, anche quando riguardano capi di Stato o di governo stranieri come il premier israeliano Benjamin Netanyahu. La questione è stata chiarita dal portavoce della Corte, Fadi el Abdallah, durante un incontro con la stampa a Bruxelles.
Secondo el Abdallah, in caso di conflitti con altre norme, come l’immunità diplomatica, gli Stati membri sono tenuti a rivolgersi ai giudici della Cpi per ottenere un parere vincolante. “Sta ai giudici decidere se gli obblighi verso la Corte prevalgono su altre circostanze particolari“, ha sottolineato il portavoce.
Immunità e obblighi internazionali: il precedente di Omar al Bashir
L’articolo 27 dello Statuto di Roma, fondamento legale della Cpi, stabilisce che non esiste immunità dalle accuse, nemmeno per i capi di Stato. Questo principio è stato già applicato in casi passati, come per l’ex presidente sudanese Omar al Bashir. Nonostante i mandati di arresto nei suoi confronti, alcuni Stati hanno sollevato dubbi legali, portandoli davanti ai giudici della Corte. Finora, tutte le decisioni hanno confermato che gli obblighi verso la Cpi prevalgono sull’immunità diplomatica.
Mandati validi a vita e priorità alla giustizia
Il portavoce della Cpi ha ricordato che i mandati di arresto rimangono validi a vita, salvo diversa decisione dei giudici basata su prove concrete. “Gli ordini di arresto possono rimanere pendenti anche per decenni, ma alla fine vengono eseguiti“, ha detto el Abdallah, ribadendo che la giustizia non si ferma davanti alle mutevoli circostanze politiche.
Ostacoli alla pace? La Corte risponde
Alcuni osservatori ritengono che i mandati di arresto possano ostacolare i processi di pace, ma la Cpi mantiene una posizione neutrale: “Non ci può essere una pace duratura senza giustizia“, ha affermato il portavoce. Lo Statuto di Roma prevede però che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite possa sospendere temporaneamente le attività della Corte per un periodo di 12 mesi, rinnovabile, se necessario per facilitare negoziati di pace.
Netanyahu e il dilemma degli Stati membri
La posizione della Cpi solleva interrogativi su come gli Stati membri, un totale di 124 Paesi, si comporteranno nel caso di Benjamin Netanyahu, dato che né Israele né la Russia aderiscono alla Corte. Sebbene i mandati di arresto siano vincolanti per gli Stati membri, la decisione finale su eventuali sanzioni per mancata cooperazione spetta all’assemblea degli Stati aderenti.