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Caos Siria, ecco chi è veramente Al Jolani e perché non possiamo fidarci

Pubblicato: 10/12/2024 11:17

La Siria è nuovamente nel caos, e sembra di assistere a un film già visto in altre occasioni simili. I media occidentali fanno a gara a dipingere Assad come il peggior criminale della storia (e che fosse un satrapo violento, per carità, non ci sono dubbi) e descrivono Ahmed Hussein al Shar’a, meglio noto come Abu Mohammad al Jolani, come una sorta di “moderato di ritorno“. Ma forse le cose non stanno proprio così.
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L’ex leader jihadista, oggi volto apparentemente moderato, tenta di riposizionarsi come garante di inclusività politico-religiosa e rispetto dei valori occidentali. Ma a sua “transizione politica” desta più di un sospetto, e sarebbe il caso di fare attenzione. Il suo passato, ma anche le sue attuali contraddizioni, portano a mettere in dubbio la sincerità di questa “conversione”. Vediamo il perché.

La fedeltà alla Sharia e la militanza nell’Isis

Sharia e legami con il terrorismo internazionale: in un’intervista del 2021, al Jolani ha definito la sharia una garanzia di “immensa bontà e giustizia“, nonostante sia evidente il suo conflitto con i principi di uguaglianza e libertà, in particolare per quanto riguarda i diritti delle donne. E l’incompatibilità con i valori e le democrazie occidentali è lampante.

Non solo: Al Jolani è stato un militante dell’ISIS sotto Abu Musab al Zarqawi e Abu Bakr al Baghdadi, due figure centrali del terrorismo islamico. Successivamente ha guidato il Fronte Al Nusra, affiliato ad Al Qaeda, noto per massacri e persecuzioni contro minoranze religiose.

Il Fronte Al Nusra è stato ribattezzato Hayat Tahrir al Sham per cercare di rompere con il passato jihadista e ottenere legittimazione internazionale. Ma la natura repressiva del gruppo non è cambiata. Al Jolani non ha mai negato l’uso di attentatori suicidi, descrivendoli come una “semplice arma” per combattere i nemici. Questo approccio disumanizzante rivela una mentalità violenta radicata.

Violazioni dei diritti umani e narcotraffico

Human Rights Watch ha documentato detenzioni arbitrarie, torture ed esecuzioni sommarie di oppositori, giornalisti e attivisti nella provincia di Idlib, controllata dal gruppo. Hayat Tahrir al Sham è accusata di finanziare le proprie operazioni tramite il traffico di Captagon, una droga sintetica soprannominata la “cocaina del Medio Oriente“, elemento confermato da rapporti del think tank CSIS.

Asilo ai capi del terrorismo e stretto controllo religioso

Nonostante le dichiarazioni di opposizione all’Isis, i leader dell’organizzazione, incluso il Califfo Abu Bakr al Baghdadi, sono stati uccisi dagli americani mentre si nascondevano proprio nella provincia controllata da al Jolani. Le giornaliste occidentali che hanno intervistato al Jolani sono state obbligate a indossare il velo, a dimostrazione di come il controllo religioso continui a permeare la vita pubblica.

Opportunismo e fallimenti delle “primavere arabe”

Le promesse di inclusività e libertà appaiono calcolate per ottenere sostegno internazionale, ma sono in netto contrasto con la storia e le azioni di al Jolani e del suo gruppo. Le esperienze di Tunisia, Egitto e Libia, dove i movimenti inizialmente democratici si sono trasformati in esempi di instabilità o autoritarismo, dovrebbero metterci quantomeno in allarme.

Nonostante i tentativi di rifarsi un’immagine, il passato e il presente di al Jolani suggeriscono una strategia calcolata piuttosto che una reale transizione verso valori democratici. Fidarsi delle sue promesse significa ignorare anni di violenze, repressioni e connessioni con il terrorismo internazionale.

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Ultimo Aggiornamento: 20/12/2024 10:52

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